Forse dovremo aspettare ancora tre mesi, per sapere cosa deciderà il Tribunale di Cagliari in merito alla richiesta di sorveglianza speciale per 5 militanti del movimento sardo contro le basi militari. Nel frattempo, manca meno di una settimana alla prima udienza del processo legato all’operazione Lince, quella in cui si deciderà il rinvio a giudizio di 45 militanti, il 27 gennaio.
Siamo tutte e tutti sotto attacco, ma era in fondo facilmente prevedibile che prima o poi sarebbe accaduto. Certamente, però, c’è una strana ambiguità di fondo nell’atteggiamento che la giustizia italiana riserva alla questione dell’occupazione militare della Sardegna.
Un’ambiguità che dovrebbe risvegliare anche le coscienze più sonnacchiose, ma che viene invece trascurata dai paladini del garantismo a targhe alterne che purtroppo affollano le fila degli intellettuali sardi.
Mentre ci si accanisce sul movimento contro l’occupazione militare, infatti, si fa di tutto per far morire le inchieste e i processi che riguardano fatti che – per un’opinione pubblica sana e non drogata da ricatto lavorativo, propaganda e indennizzi – dovrebbero essere considerati ben più rilevanti. Parliamo del processo di Lanusei su Quirra e dell’inchiesta cagliaritana su Teulada.
No, questi procedimenti non riguardano le nostre azioni di lotta, ma i disastri che l’occupazione militare ha compiuto in questi luoghi. A Lanusei si marcia, tutt’altro che spediti, verso la prescrizione. A Cagliari, addirittura, si vuole annullare il processo prima ancora che cominci, con un’accusa che riconosce l’esistenza di un vero e proprio disastro ambientale, ma chiede l’archiviazione dei cinque generali indagati, sostenendo che sia impossibile dimostrarne la responsabilità.
Noi sappiamo che questi processi rappresentano un cortocircuito, in cui lo Stato giudica, accusa e difende se stesso e perciò non nutriamo grande fiducia nel loro esito. Tuttavia, ci domandiamo come sia accettabile una situazione di questo tipo per chi crede nel ruolo pubblico e terzo della giustizia, come sia possibile che si accetti che tanti giudici operanti sul suolo sardo agiscano in una maniera così sfacciatamente politica, seguendo – quando invece dovrebbero guidarle – le inchieste della polizia politica. E soprattutto stilando una lista di priorità difforme da quella di interesse pubblico.
Ci chiediamo, per chi vive in Sardegna è più importante scoprire chi ha fatto un paio di scritte sui muri o chi bombarda, in spregio a ogni norma di buon senso prima che di legge, nei poligoni provocando danni ambientali innegabili e rischi per la salute pubblica?
Questa battaglia giudiziaria non riguarda solo le 45 indagate e indagati. Riguarda tutto il popolo sardo. Per questo vi invitiamo tutti e tutte davanti al Tribunale di Cagliari, mercoledì 27 gennaio alle ore 9 (link evento: https://fb.me/e/GRKdTkNt)
Per urlare a gran voce che siamo stati tutti e tutte a lottare contro le basi e che vogliamo la fine dell’occupazione militare della Sardegna.
Vi invitiamo inoltre a sottoscrivere l’appello che trovate qui https://aforas.noblogs.org/…/solidarieta-con-tutte-e…/, con un mail all’indirizzo aforasinfo@gmail.com
Ci vediamo il 27!