Da qualche anno, rispondendo alla pressione dei movimenti contro l’occupazione militare della Sardegna, le Forze Armate commissionano studi di campionamento sui valori soglia di inquinanti derivanti dalle attività a fuoco. Tutto questo avviene in un contesto di scarsissima trasparenza, con leggi e regolamenti che consentono a chi svolge le attività inquinanti di monitorare il proprio stesso inquinamento dove e quando vuole farlo, e svolgere una “bonifica” secondo termini e condizioni decise da sé senza il controllo di entità indipendenti.
È in questo quadro che dobbiamo leggere la ordinanza prefettizia del 18 luglio che ha interdetto le aree del Poligono di Capo Teulada date in concessione per attività agropastorali, lasciando invece a disposizione della Difesa le aree per il suo uso eclusivo. Un’ordinanza cautelativa a fronte del superamento dei valori soglia per cadmio, piombo, arsenico e tallio che riguarda varie aree del Poligono. Un’ordinanza tanto cautelativa che, apprendiamo dall’Unione Sarda, risponde a campionamenti effettuati 6 mesi prima!
I valori soglia sono stati superati applicando tabelle destinate alle zone industriali, con valori fino a 100 volte più elevati della norma per una zona agricola, grazie ad un favore del governo Renzi alla lobby della Difesa. Era il 2014, nel pieno del processo e dell’indagine per disastro ambientale rispettivamente nei poligoni di Quirra e Capo Teulada, quando si è consentito con un tratto di penna di modificare i valori soglia applicabili per le zone militari, nonostante all’interno dei poligoni insistano Zone di Conservazione Speciale (ZCS) facenti parte della Rete Natura 2000, considerate importanti per la conservazione di Habitat e specie animali endemiche e a rischio.
Si sperava evidentemente di mettere a tacere una volta per tutte le problematiche relative all’inquinamento dovuto alle attività militari. Ci si sbagliava anche così, ma noi non possiamo dimenticare questo sfregio del diritto: i valori soglia che stanno venendo applicati sono totalmente incompatibili con una Zona di Conservazione Speciale come quella “Isola Rossa e Capo Teulada” al 90% ricompresa nel poligono, o come quella “Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino” che al poligono è adiacente. Questi valori soglia sono totalmente incompatibili con aree nelle quali viene consentito il pascolo degli animali, con aree nellle quali d’estate si consente il transito dei turisti e la balneazione. Usare valori soglia del genere è già, di per sé, un cosciente mettere a rischio la salute di persone e animali, un sintomo di disprezzo per il territorio e chi lo abita.
Da febbraio giace negli uffici della Regione Sardegna una procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) per le attività del poligono di Capo Teulada. In un documento di 35 pagine abbiamo espresso tutti i motivi per cui le attività del poligono di Capo Teulada sono incompatibili con qualsiasi attività di conservazione ambientale. L’applicazione di valori soglia di contaminazione applicati per le zone industriali è uno dei motivi più chiari ed evidenti di incompatibilità. Il loro superamento un motivo in più per chiedere alla Regione di fare presto, e chiudere questa procedura con un diniego.
Apprendiamo dall’Unione Sarda (la quale ha avuto accesso ai documenti del monitoraggio dell’esercito) che l’inquinamento diffuso nel poligono apparirebbe “inspiegabile”, in particolare per la presenza di metalli pesanti in aree nelle quali non si spara, e che si ipotizzerebbe dei movimenti di terra da una parte all’altra del poligono. Noi una spiegazione semplice per questi movimenti di terra la abbiamo: le esplosioni. Lanciare decine di migliaia di proiettili da terra, aria, mare, di qualsiasi calibro, comporta un enorme movimento di terreno dovuto alle esplosioni. Questa terra non si deposita in situ, ma si muove con i venti e le correnti d’aria, per un perimetro molto ampio, che può tranquillamente eccedere i confini dell’area militarizzata. In sede di VINCA, l’esercito ha totalmente ignorato gli impatti ambientali dovuti alle esplosioni del munizionamento durante le esercitazioni, noi così ci esprimevamo su questo fatto:
“Le esplosioni sono di per sé un trauma ambientale che viene inflitto al paesaggio e all’ambiente che non riguarda solamente il cono direttamente interessato dall’esplosione: le esplosioni derivanti dall’impiego di bombardamenti e altri sistemi d’arma generano, a causa delle elevatissime temperature raggiunte in fase d’urto, delle polveri estremamente sottili e penetranti che condensandosi costituiscono le nanoparticelle (che viaggiano e si depositano nell’ambiente, potendo essere ingerite tramite il cibo ovvero inalate) che hanno la caratteristica di essere inorganiche e non biocompatibili. Queste possono depositarsi anche a notevole distanza dai luoghi dell’esplosione, costituendo una sicura causa di inquinamento. D’altronde l’impatto al suolo dei proiettili di grosso calibro comporta, oltre alla distruzione del suolo legata all’esplosione, ulteriori disturbi a più ampio raggio dovuti alle vibrazioni. Queste attività, al dunque, distruggono e sottraggono spazio vitale alle specie oggetto di protezione, intaccando gli spazi di rifugi, tane, nidi, le aree di riproduzione, le aree di diffusione delle specie vegetali, i suoli. Inoltre, è evidente la presenza costante del rischio di uccisione diretta, in seguito agli effetti delle esplosioni, al colpimento di proiettili vaganti, all’impatto con i mezzi in manovra (a terra, in cielo e in mare). Questi fatti piuttosto ovvi sono completamente e inspiegabilmente ignorati”
Noi non abbiamo attualmente ancora modo di sapere dove e come siano stati svolti i campionamenti e, soprattutto, come e dove verranno svolti i futuri campionamenti per confermare o meno l’inquinamento. La mancanza di trasparenza di tutto il processo di governance è un fattore in più di incompatibilità della presenza militare con qualsiasi gestione sostenibile del territorio.
Questa situazione di opacità si presta a qualsiasi abuso e gioco di potere da parte delle forze armate: è evidente come pubblicare a luglio dati di campionamenti presi a gennaio si presti ad un gioco di ricatto verso il territorio, ma è comunque desolante apprendere che la preoccupazione principale dei rappresentanti eletti nel Comune di Teulada sia quella del “danno di immagine” nel pieno della stagione turistica, invece che la generale situazione di inquinamento e sottomissione alle esigenze militari del loro territorio.
Il danno è un danno reale, non di immagine, quantificabile nel territorio sottratto agli ecosistemi come agli usi produttivi, nell’ovvio inquinamento determinato dall’esplosione di migliaia di ordigni ogni anno, nell’asservimento di un intero territorio a logiche di guerra che ne ipotecano qualsiasi ipotesi di sviluppo e, nel lungo termine, anche di sopravvivenza economica e demografica. Non si può pretendere che l’estate sia una parentesi nella quale le conseguenze di ciò che avviene d’inverno scompaiono senza lasciare traccia. D’altra parte, come dimostrano i fatti di questa estate, l’occupazione militare non va mai in vacanza.
Certo, si può e si deve rivendicare con orgoglio che Teulada non è un poligono militare, bensì un paese con una lunga storia, un territorio vasto e bellissimo che merita di essere vissuto, visitato e restituito nella sua integrità all’uso della comunità, ma per farlo occorre fronteggiare il problema causato dall’occupazione militare. Chiudere gli occhi e fingere che questo mostro non ci sia non lo farà certo sparire.


Cari amici di A Foras,
chi scrive è un cauto, molto cauto, sostenitore della maggioranza. Pur condividendo in buona parte la vostra analisi, faccio notare una serie di paradossi della questione che forse possono contribuire a migliorare l’azione di chi legge e si occupa di Teulada:
– la quantificazione concreta e misurabile dell’ENORME danno economico causato (non solo d’immagine, ma anche e soprattutto di mancate opportunità di sviluppo. Senza nemmeno toccare il turismo, si pensi non solo al valore che le terre sottratte civiche e non, non possono produrre, ma anche a quanto sia difficile per qualsiasi attività produttiva, anche distante dal Poligono, che voglia occuparsi di allevamento o agroalimentare, affermarsi e commerciare con una reputazione come quella di Teulada, luogo bello in passato e irrimediabilmente inquinato. L’impatto è devastante e determina paradossalmente l’impossibilità per la popolazione di emanciparsi dalle economie che il poligono, così come dagli indennizzi per la Pesca, lasciando l’emigrazione come unica strada alternativa) è nel sentimento di molti uno dei principali strumenti di pressione costringere la Difesa a occuparsi definitivamente della situazione. senza nemmeno voler toccare l’indefinitezza (perché manca l’osservatorio), o la sconfinatezza dei danni per la salute, l’impatto economico negativo, a oggi di fatto incalcolata (e quindi pari a qualche centinaio di migliaia di euro, se non si considerano gli indennizzi per la pesca, che però sono appunto solo indennizzi) vien da chiedersi se non sia più strategico parlare di numeri e di soldi, anziché mantenere tutto nell’indefinitezza e nell’incalcolabilità delle pretese, che tutto sommato fa comodo a chi vuole mantenere le cose come stanno.
– l’altro paradosso che potrebbe non essere evidente a chi guarda o giudica la questione dall’esterno e/o in una posizione lavorativa sicura è che una popolazione come quella teuladina per opporsi con fermezza all’occupazione militare senza però mollare la presa sul proprio territorio dove si fatto non esiste altro sviluppo ha bisogno di
* Opportunità di sviluppo alternativo ed emancipazione economica che non li costringa ad emigrare. Chi ha qualche idea su come farlo? Pare certamente difficile immaginare un rilancio economico
* Osservatorio sulla salute e osservatorio ambientale
* Bonifiche
* Soldi veri per fare CULTURA
* Studi e ricerche
Che cos’hanno in comune queste questioni, anche al netto delle ideologie? I soldi. Tanti. Misurabili. Concreti. E quelle quantità, per aggregati tematici, devono essere calcolate affinché le richieste e le istanze da presentare alla Politica regionale, nazionale e forse anche internazionale abbiano cifre, fatti, ed efficacia, e affinché i fatti e i progressi e le cifre possano essere verificati. Queste cose hanno fra l’altro un altro elemento in comune: non dipendono direttamente dal Comune di Teulada ed è alla Politica regionale, nazionale e internazionale che chiunque abbia a cuore Teulada deve rivolgeree sue attenzioni e richieste. A partire dall’osservatorio.
Diversamente, si rimane nell’indefinitezza, nell’incalcolabilità e nella IRREPARABILITA’ che indovinate un po’ a chi fa comodo e da chi viene cavalcata?
Grazie mille per le informazioni,questa giunta come le precedenti non fanno nulla per tutelare territorio e persone