Ricomincia la stagione delle bombe

Come ogni autunno, dagli uffici marittimi delle capitanerie di porto cominciano a fioccare gli ordini di evacuazione delle zone a mare in prossimità dei poligoni sardi.
Un altro anno in cui si dissemineranno aria, acqua e suolo di contaminanti che silenziosamente ammazzano ecosistemi e persone.
Un altro anno in cui senza autorizzazione ambientale si continuerà a svolgere attività inquinanti e distruttive in prossimità o dentro zone protette.
Un altro anno in cui si perpetuerà la marginalità e la disperazione di comunità prive di sbocchi economici che non siano la servitù e l’assistenzialismo militare.
Un altro anno in cui si coltiveranno i rapporti criminali tra assassini che caratterizzano il mercato internazionale delle armi e dei sistemi di sorveglianza.
Un altro anno in cui si addestreranno gli eserciti di mezzo mondo a perpetuare un sistema di violenza e sopraffazione su scala globale.
Un altro anno in cui si addestreranno le forze armate italiane a operare contro la loro stessa cittadinanza, con sistemi di sorveglianza e tecniche di repressione del dissenso sempre più sofisticati.

Quando chiudiamo gli occhi dinnanzi a questo orrore, sopraffatti dalla sua enormità, assuefatti dalla sua riproduzione quotidiana, ricordiamoci che questa è la macchina che rende possibile il genocidio.


Palestina, Sudan, Myanmar, Ucraina, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Kurdistan…
I fili che uniscono gli orrori del genocidio e della guerra all’occupazione militare della Sardegna sono infiniti, passano dalle complicità politiche dello stato italiano, dagli accordi di collaborazione delle forze armate, dai rapporti di affari del complesso militare industriale, dalla compromissione degli ambiti della ricerca scientifica e tecnologica con l’industria bellica.
I poligoni militari sardi sono un perno di questo sistema di morte. Dai poligoni militari, questo sistema si estende all’economia, all’istruzione, alla ricerca, alla società tutta, come un tumore, nel tentativo di legittimare un sistema che si fonda sull’assassinio, la minaccia, la prepotenza, il disconoscimento totale dei principi democratici.
Combattere contro l’occupazione militare della Sardegna è combattere contro la macchina del genocidio odierno e di quelli venturi. È una responsabilità storica che ci tocca in prima persona.

Mobilitiamoci!

Al Lago Omodeo si continua a sparare

Abbiamo visto nelle scorse settimane come le attività militari, nonostante gli accordi Stato-Regione del 2017, abbiano continuato incessantemente durante i mesi estivi con il semplice escamotage di evitare le attività a fuoco. Ma mentre gli accordi del 2017 quantomeno vincolano i militari per quanto riguarda le attività a fuoco, lo stesso non si può dire per le altre forze armate.

Il Centro Addestramento Istruzione Professionale (CAIP) della Polizia di Stato di Abbasanta, infatti, continua a svolgere “esercitazioni di tiro con armi portatili individuali a tiro teso” nel poligono del Lago Omodeo. Queste attività, svolte tutte le mattine dei giorni feriali (dalle 7:00 alle 14:00) sono continuate per tutto l’anno, con una pausa solo nel mese di agosto. Tra marzo e aprile a queste attività si è affiancata quella dei guastatori direttamente operata dentro il lago.

Le persone che vivono nel territorio segnalano il costante rumore delle scariche di munizioni, ma anche rumori più forti, legati probabilmente all’uso di ordigni esplosivi, come già denunciato dai sindaci del circondario in un documento del 2015. Nel poligono non si addestra solo la polizia, ma anche le altre forze armate e contingenti provenienti da paesi esteri. Da un articolo celebrativo del Corriere della Sera del marzo 2024 apprendiamo che in loco si sono addestrate polizie di regime provenienti da mezzo Mediterraneo: Libia, Serbia, Tunisia, Egitto, Emirati Arabi Uniti. Evidentemente il servizio di scorta, punta di diamante delle attività addestrative del CAIP, è un servizio molto richiesto da oligarchi e dittatori.

Attualmente la mancanza di trasparenza sul tipo di attività che vengono svolte nel CAIP (chi si addestra, quando, il tipo di strumentazione e munizioni utilizzato, i rischi per l’ambiente) è pressoché totale, e riflette il consueto disinteresse verso il territorio e le garanzie di controllo democratico delle forze armate tutte. Anche l’utilizzo e la devastazione di spazi del territorio, come ad esempio il villaggio ex-ENEL di Santa Chiara, non risulta formalizzato in alcuna maniera. Le servitù legate al CAIP sono tante e variabili a seconda delle esigenze della Polizia di Stato, insomma, in un contesto di totale mancanza di trasparenza.

Il poligono all’aperto del CAIP, considerato il “fiore all’occhiello” della struttura, si trova nei pressi del comune di Soddì, su un promontorio che domina la costa del Lago Omodeo, e offre una visuale su gran parte della sua area. L’area è situata dentro la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) ITB031104 “Media Valle del Tirso e Altopiano di Abbasanta-Rio Siddu”, che ricomprende tutto il Lago Omodeo. Come per Capo Teulada, Capo Frasca, l’area di Capo San Lorenzo, La Maddalena, la sovrapposizione tra aree militarizzate e zone di protezione ambientale è una regola dell’occupazione militare della Sardegna.

L’attuale poligono è dotato di parapalle, dune di sabbia che dovrebbero garantire la mancata dispersione dei bossoli nell’ambiente. Secondo l’articolo del Corriere citato in precedenza, i bossoli verrebbero contati uno per uno per essere recuperati. Ci permettiamo di esprimere quantomeno scetticismo su questa evenienza: la zona interdetta al passaggio dei civili durante l’addestramento è infatti molto più ampia del poligono, questo perché evidentemente esiste la possibilità della dispersione di proiettili fuori bersaglio, i quali sono destinati a ricadere sulla superficie del lago.

Non conoscendo nel dettaglio le attività poste in essere dentro il poligono, non abbiamo modo di sapere quanto sia grave e reiterata questa forma inevitabile di inquinamento.

Va da sé che il Lago Omodeo è il principale bacino idrico della Sardegna, la sua importanza è enorme dal punto di vista dell’approvvigionamento di tutta la Sardegna centro-occidentale, e il fatto che si sia sparato e si spari dentro e intorno a questo bacino è una palese assurdità e mancanza di buonsenso.

La distesa di bossoli che riemerge nei periodi di secca dal fondale del Lago Omodeo

L’attuale poligono ne sostituisce uno precedente situato sulla sponda opposta del Lago Omodeo, nei territori dei comuni di Sorradile e Bidonì. Questo poligono è stato chiuso nel 2004, ma l’eredità ambientale dei rifiuti abbandonati o sepolti sul fondo del lago permane ancora oggi. Occasionalmente lo scandalo della distesa di bossoli e ogive che riemerge dal fondo del lago in secca riemerge sui media, ma ancora ad oggi nessuna procedura di bonifica è stata attuata. Per decenni non si è adottata nessuna azione di mitigazione del danno ambientale, e anzi si è lasciato i rifiuti delle attività addestrative in loco, confidando di averli sepelliti per sempre nel fondo del lago. Il lago infatti è rimasto in collaudo per decenni, e ancora oggi non raggiunge la capienza che avrebbe in teoria dovuto raggiungere con la costruzione della nuova diga. Fosse stato sfruttato a pieno regime, oggi non avremmo modo di raccogliere testimonianza delle attività svolte nel poligono del CAIP tra gli anni sessanta e il 2004.

Per svolgere in ZSC attività con un rischio elevato di impatto ambientale, quali sono quelle addestrative a fuoco delle forze armate, bisognerebbe svolgere una Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) che tenga conto degli impatti cumulati dall’attività in oggetto nel tempo e nello spazio. Ad oggi non è mai stata presentata nessuna richiesta di VINCA da parte delle autorità competenti per le attività nel poligono

Nel Piano di Gestione della ZSC, aggiornato con decreto dell’Assessore per la difesa dell’ambiente della Regione Sardegna del 9 novembre 2023, i due poligoni sul Lago Omodeo sono citati come elementi di impatto per la “riduzione e/o perdita di qualità dell’habitat di specie”, con riferimento particolare al rischio di inquinamento delle acque del lago dovuto alla dispersione di bossoli e materiali utilizzati durante le esercitazioni.

Un elemento invece sottovalutato, e che pensiamo dovrebbe avere una valutazione propria, è quello dell’inquinamento acustico dovuto all’attività di fuoco pressoché ininterrotta per tutte le ore mattutine dei giorni feriali, la quale comporta sicuro stress per tutte le specie animali, compresa la specie umana.

Come azioni per mitigare gli impatti dovuti alle attività del CAIP nella ZSC, sono previste dal Piano di gestione due azioni differenti: per l’area del vecchio poligono si prevede di procedere con le operazioni di bonifica dell’area inquinata, per il nuovo poligono si prevede di stilare un disciplinare d’uso condiviso con le amministrazioni locali, che consideri anche l’uso di siti alternativi per le esercitazioni. Ambedue queste azioni non sono state ancora attivate, nonostante siano previste come prioritarie e inserite in un cronoprogramma di rispettivamente due e tre anni dall’approvazione del Piano di Gestione. L’ostacolo principale a queste azioni è la necessità di interfacciarsi con il Ministero dell’Interno e la mancanza di una previsione di spesa utile a reperire risorse nei bilanci dello stato. L’inerzia politica dell’ente regionale probabilmente costituisce un altro ostacolo.

Come A Foras mettiamo in questione l’utilità di strutture come il CAIP e il suo poligono, o la necessità di avere quel tipo di struttura in quello spazio preciso. Da troppo tempo l’utilità e la necessità di queste strutture è totalmente sottratta al discorso politico, per essere abbandonata al monologo delle istituzioni interessate: ministeri, prefetture e corpi delle forze armate. Certamente, visto la limitata dimensione del poligono, il suo spostamento in area più idonea sarebbe anche un fatto facile. Ma per noi la questione va oltre un semplice spostamento, che sposterebbe solamente i problemi altrove.

Riteniamo che ci sia una grave questione politica a monte, quella della trasparenza e del controllo democratico sull’operato delle forze armate. È assurdo che anche fatti di minimo buonsenso risultino totalmente estranei al dibattito pubblico, quando si tratta delle forze armate. Non è normale che si rischi di inquinare a casaccio un bacino idrico strategico per la popolazione, che non si pulisca lo schifo lasciato in 40 anni di attività irresponsabili, che non ci si senta minimamente in dovere di sanare e risarcire il danno fatto. Non dovrebbe essere normale che le attività delle forze armate si svolgano al di sopra e aldilà della legge che vige per il resto della popolazione.

Pretendiamo che vengano svolte le procedure di Valutazione di Incidenza Ambientale per l’attività del poligono del CAIP, e che queste procedure vengano svolte non come pro-forma, ma con attenzione alla sostanza delle necessità di protezione ambientale che presiedono all’istituzione delle Zone Speciali di Conservazione.

Pensiamo che in generale si debba aprire un dibattito complessivo e aperto sul ruolo e la presenza delle forze armate in Sardegna: se l’occupazione militare e l’ipertrofia degli apparati legati alla Difesa è un fenomeno abbastanza conosciuto e dibattuto, manca consapevolezza e dibattito sulla presenza e il ruolo degli apparati di sicurezza legati al Ministero degli Interni, spesso non meno ingombrante e fuori luogo.

QUANTO COSTA LA GUERRA?

L’altro ieri, a quasi 20 giorni dalla conclusione dell’esercitazione interforze Joint Stars 2025, è stata resa pubblica dai giornali sardi la presenza di due ordigni inesplosi nelle acque fronte ai territori occupati dal Poligono Interforze del Salto di Quirra. La notizia proviene da due ordinanze della Capitaneria di porto di Arbatax, pubblicate rispettivamente il 30 maggio e il 3 giugno che fanno riferimento alla presenza di due missili a carica esplosiva, lanciati durante l’esercitazione Joints Star. Si tratterebbe di un STINGER e un ASTER30, rispettivamente a 100 e 600 metri di profondità, di cui il primo in linea con la spiaggia di Murtas, anche se distante dalla riva, e il secondo più al largo, secondo quanto comunicato nelle due ordinanze.

Il secondo di questi, l’ASTER30, come viene riportato dai giornali, appartiene al sistema di missili SampT, fornito dall’Europa all’Ucraina. Di fabbricazione italo-francese (Eurosam) ha un costo di 2.000.000 di euro per missile ed è stato recentemente oggetto di acquisto – si parla di circa 220 unità –, da parte di Regno Unito, Francia e Italia, nell’ambito del programma ReArm Europe, per un totale, stimiamo, di circa 440.000.000 di euro. Se 440.000.000 di euro ci sembrano molti, quanti sono gli 800 miliardi che l’Europa ha richiesto per il suo programma bellicista?

I costi della guerra sono tanti; in primis nei luoghi in cui la guerra viene importata, foraggiando l’industria bellica con le violenze compiute su corpi e territori.

A seguire nei luoghi dove lo Stato preferisce investire in armamenti più che in sanità, in armi più che nell’istruzione, dove la terra che poteva essere coltivata è resa incalpestabile a causa delle sperimentazioni, dove natura e ecosistemi, vita umana e non, diventano sacrificabili per il solo motivo di poter garantire la riproduzione di un sistema che da cinquecento anni opprime, sfrutta, violenta e uccide in tutto il mondo.

E così degli ordigni inesplosi nel nostro mare risultano solo un piccolo danno collaterale, non degno di essere reso noto.

Per lo Stato italiano la nostra salute e la nostra sicurezza, nostre e dei nostri territori, sono da sempre un piccolo danno collaterale, anche esso non degno di essere noto.

Vorrebbero una Sardegna vuota, alcun* già pensano sia così.

Ma si sbagliano.

Ci vediamo domani, 19 giugno, a Nuoro, ore 18, fronte Stazione dei treni.

In Pratza pro sa Palestina.

Per la Palestina, contro il genocidio, e contro la guerra.

Uniti e solidali a tutt* “i piccoli danni collaterali” del mondo.

CONTRO LA REPUBBLICA AFFONDATA SUL RIARMO

2 Giugno 2025, ore 16 – Piazza Costituzione, Cagliari

2 Giugno, Cagliari

A Foras ritorna in piazza il 2 giugno, per lottare insieme a tutte le persone che vogliono lottare con noi, per cercare di fermare questa rincorsa verso la terza guerra mondiale.

Come ogni anno vediamo in Sardegna le esercitazioni più grandi del mediterraneo e ora è più chiaro a tutti la loro ragione d’essere: devono prepararsi per entrare in guerra.

Per fare questo stanno spendendo tutti i soldi che potrebbero servire per le scuole e gli ospedali, sperperandoli per comprare sempre più armi.

Pensavamo fosse finita per sempre l’epoca delle guerre nel nostro continente, ma invece sta ritornando e saremo noi che dovremmo andare a morire, per fare gli interessi dei padroni europei ed americani.

Per fermare questi macellai, dobbiamo metterci tuttə insieme e dobbiamo fargli capire, che lə sardə hanno già visto cosa vuol dire morire per i padroni italiani: per questo ci troveranno in piazza, ogni volta che proveranno a mandare a morire noi e lə nostrə figliə.

Per tutte queste motivazioni scendiamo in piazza il 2 giugno e speriamo di essere in tantə, perché il pericolo è grande ed è arrivata l’ora di muoverci, per fargli vedere che non ci hanno ancora vinto!

Grafica: ERRE PUSH

2 de Làmpadas, Casteddu

A Foras torrat in pratza su 2 de làmpadas, pro peleare in paris cun totus is chi bolent benner cun nos, pro chircare de firmare custa cursa po intrare in sa tertza gherra mundiale.

Nos, comente ogni annu, bideus in Sardigna is esercitatziones militares prus mannas de su mediterràneu, e como si cumprendet bene pro ite est chi ddas faent: ca si depent preparare totu cantos pro intrare in gherra. Pro faer custu sunt spendende totu su dinare chi diat serbire pro iscolas e ispidales, pro comporare semper prus armas.

Nos pentzaiaus de nch’ esser essios dae su tempus de is gherras in su continente nostru, peroe nche seus torrende a intrare, aus a esser nos chi aus a deper morrer, pro faer is interessos de is meres europeos e americanos.

Pro firmare custos matzellaios, si depeus ponner totus in paris e ddi depeus faer cumprender, ca is sardos ant giai bistu ite bolet narrer a morrer pro is meres continentales e ca como s’ant a agatare in pratza ogni borta chi provant a mandare a morrer a nos e a fìgios nostos.

Pro totu custas cosas calaus in pratza su 2 e speraus ca aus a esser in medas, ca su perìgulu est mannu e est arribada s’ora de si mover e de faer bier ca non s’ant ancora bintu!

Propaganda becera, riarmo e smantellamento della sanità pubblica

Anche quest’anno, come tutti gli anni ormai da decenni, la Sardegna è stata oggetto della consueta violenza e distruzione militare. Con i soliti nomi insulsi come “Mare Aperto” e “Joint Stars”, il territorio sardo veniva messo un’altra volta sotto assedio, per consentire agli eserciti di mezzo mondo la preparazione per gli attuali e i prossimi massacri di innocenti.

Quest’anno, oltre al danno continuo che le esercitazioni militari infliggono all’ambiente, alla salute, all’economia, alla dignità dellə sardə e della Sardegna, dobbiamo aggiungere la beffa di una serie di “iniziative benefiche” connesse. Una operazione propagandistica becera e di infimo livello, che mette assieme autorità militari, aziende e autorità politiche della Regione Sardegna.

Il messaggio è chiarissimo: mentre la Sardegna viene strangolata da una serie di tagli ai servizi pubblici sempre più asfissianti, con la distruzione del diritto alla salute, all’istruzione, ad una vita civile e serena nei tanti paesi del territorio sardo, dovremmo essere gratə all’esercito che ci degna dell’elemosina di due giorni di screening sanitari gratuiti sulla sua nuova, costosissima nave ammiraglia.

Mentre i soldi per i servizi pubblici spariscono per trasformarsi in armi come la nave Trieste, i nostri diritti spariscono per trasformarsi in gentili concessioni delle Forze Armate.

Non solo. È ancora più agghiacciante costatare come questa operazione, rivolta allə bambinə, avvenga proprio mentre il governo italiano sostiene in maniera convinta il genocidio del popolo palestinese a Gaza, dove il conto ufficiale dellə bambinə uccisə supera i 15.000, mentre sono più di 500.000 quellə sfollatə.
Tra i soldi che stanno venendo tolti per le nostre cure, ci sono i 155 milioni di euro di armi israeliane importate in Italia (pari al 20% del totale) per il solo 2024. C’è, insomma, il finanziamento diretto che l’Italia dà al genocidio del popolo palestinese attraverso le forniture per le proprie forze armate.

Non può sfuggire l’orribile ipocrisia di chi da una parte compra e usa sistemi d’arma sviluppati da un esercito genocida, che non si fa problemi a sterminare decine di migliaia di bambinə palestinesi a Gaza, e dall’altra viene da noi a farsi bello con due giorni di screening gratuiti per lə nostrə bambinə.

Di fronte a queste gravi violazioni dei diritti, la risposta può essere solo una: unirsi. È lo Stato stesso a negare diritti per alimentare la macchina bellica e sostenere il genocidio palestinese. Il prezzo dell’orrore che succede in Palestina lo pagheremo anche noi, se non reagiamo immediatamente e con forza, a fermare il meccanismo stritolatore della logica bellica, suprematista, imperialista, il nuovo nazifascismo che torna sempre più forte e convinto.
Siamo tuttə responsabilə. E tuttə possiamo scegliere da che parte stare.

Il 10 maggio, diciamo NO a questo sistema di morte, ai suoi danni e alle beffe che ci propone con la sua propaganda becera.
Rivendichiamo il diritto alla vita e alla terra del popolo palestinese. Rivendichiamo il nostro diritto alla salute. Rivendichiamo la nostra terra. Rivendichiamo un uso umano dei fondi pubblici, per tutelare i diritti e non preparare gli stermini di innocenti.
Quei fondi devono servire per creare centri sanitari stabili e duraturi, non per operazioni di facciata a bordo delle navi militari, fatte per coprire la violenza dell’occupazione militare in terra sarda e del genocidio in terra palestinese.

Ma ite diàulu scias chìmicas! Su complotu est sa gherra!

Eris seru su chelu de sa Sardigna s’est prenadu de arrastos de condensatzione de is aèreos militares chi, che a semper, giogant a sa gherra partende dae sa base de Deximumannu.
Dae sa Barbàgia a Aristanis, dae s’Ogiastra a Casteddu, gente meda at bidu sa firma de s’ocupatzione militare in su chelu de sa Sardigna.
In sa retza gente meda at cumentadu luego chistionende de sa teoria de is scias chìmicas.
Comente chi in Sardigna non ddoe siat giai un’àteru complotu prus organizadu e làdinu: su de s’ocupatzione militare de sa Sardigna e su de ordimingiare sa gherra de sighidu, pro dda impreare comente àina de domìniu de is pòpulos e de is economias in is territòrios nostros e in totu su mundu.

Ispantat a lìgere un’artìculu de s’Unione Sarda chi, cun is fueddos de su Cumandante de s’Areonautica Militare pro sa Regione Autònoma de sa Sardigna, circat de “asseliare” chie ligit subra s’orìgine de is arrastos in su chelu, trunchende tando “ònnia ipòtesi complottista”.
Non nos lassat in assèliu a ischire chi dae Deximumannu, ònnia die, partint àereos militares de mesu mundu pro si esercitare in s’arte de sa morte e de sa distrutzione.
Su complotu est innoe e ddu podimus bìdere: su genocìdiu in Gaza, sa distrutzione in Yemen, is bombardamentos criminales de is potèntzias ocidentale in Oriente Mèdiu nàschint totus in domo nostra, subra is concas nostras.

Podet capitare chi custas provas generales pro is is matantzas chi ant a bènnere, pro “sa cunditzione climàtica de custas oras si podiant bìdere bene”, ma custu est su chi acuntesset ònnia die dae deghinas de annos in Sardigna.
Ma ite diàulu scias chìmicas! Su complotu est su decollu ambientale chi càusat s’aparatu militare e chi nos cuant in nòmene de sa “ragion di Stato”. Su complotu est su business as usual de unu sistema fundadu in is combustìbiles fòssiles chi devastat su clima terrèstre e si mantenet in pee cun is gherras pro isfrutare is risorsas de ollu de perda e de gas.

Su complotu est su dinare pùblicu leadu dae sa sanidade, dae s’istrutzione, dae servìtzios pro sa populatzione pro ddu donare a armas e ainas de morte.
Su complotu est sa realidade de is esercitatziones sena fine pro guvernare pòpulos e terras cun sa violèntzia de sa gherra, subra is concas nostras, subra su mare nostru, subra su sartu nostru. Dae 70 annos.
Su complotu est sa gherra, est su tempus de dda cuntrastare sena timoria.

ALTRO CHE SCIE CHIMICHE! IL VERO COMPLOTTO È LA GUERRA!

Ieri il cielo della Sardegna è stato invaso dalle scie di condensazione dei caccia militari che effettuavano i loro soliti giochi di guerra a partire dalla base aerea di Decimomannu.

Dalla Barbagia, all’Oristanese, all’Ogliastra al Cagliaritano, in tante persone hanno potuto vedere la firma dell’occupazione militare sui cieli della Sardegna.
Da tante testimonianze presenti in rete, si è visto tante persone riferirsi immediatamente alla teoria del complotto delle “scie chimiche”. Come se in terra sarda non ci fosse un complotto ben più organizzato ed evidente: quello dell’occupazione militare della Sardegna, e della preparazione permanente della guerra come strumento di dominio dei popoli e delle economie su scala regionale e globale.

Fa piuttosto specie leggere un articolo dell’Unione Sarda che, attraverso le parole del Comandante dell’Aeronautico Militare per la Regione Autonoma della Sardegna, punta a “rassicurare” i lettori sulla natura delle scie di condenza stampate sul cielo sardo “stroncando ogni ipotesi complottista”.
Non c’è nulla di rassicurante nel sapere che da Decimomannu, quotidianamente, ci alza in volo nei nostri cieli per addestrare le aviazioni di mezzo mondo nell’arte dell’assassinio e della distruzione aerea.

Il vero complotto è qui ed è sotto i nostri occhi: il genocidio di Gaza, la distruzione dello
Yemen, i bombardamenti criminali delle potenze occidentali in Medio Oriente, nascono tutti da noi, sopra le nostre teste. Può capitare che queste prove generali dei massacri futuri, per “la condizione climatica di queste ore sono risultate particolarmente visibili”, ma questo è quello che accade quotidianamente da decenni in Sardegna.

Altro che scie chimiche!
Il vero complotto sono i disastri ambientali causati dall’apparato militare e silenziati in nome della ragion di Stato.
Il vero complotto è il business as usual di un sistema fondato sui combustibili fossili che devasta il clima terrestre, e si mantiene con le continue guerre per il controllo delle risorse di petrolio e gas.
Il vero complotto sono i soldi pubblici dirottati dalla sanità, dall’istruzione, dai servizi alla
popolazione, verso armamenti e strumenti di morte.
Il vero complotto è la realtà dell’addestramento permanente a governare popoli e territori con la violenza della guerra, sulle nostre teste, nei nostri mari, nelle nostre campagne, da 70 anni a questa parte.

Il vero complotto è la guerra, è tempo di combatterlo a viso aperto.

A Foras!

+ Ospedali – Militari / Capo Frasca / 19 Novembre / Stop Esercitazioni

Stop esercitazioni: i soldi risparmiati vadano alla sanità pubblica!

A distanza di pochi mesi dalla prima ondata della pandemia da Covid-19 la sanità sarda è sprofondata in un abisso di disorganizzazione e mancanza di risorse, tenuta in piedi solo dalla buona volontà degli operatori sanitari. Le nefaste conseguenze della seconda ondata si ripercuotono su tutti i cittadini e le cittadine sardi a causa, soprattutto, della miopia delle istituzioni politiche regionali e statali.
Eppure, fin dal primo ottobre tutte le basi militari italiane in Sardegna hanno ripreso a ospitare esercitazioni a fuoco a cadenza quasi quotidiana, con uno sperpero di milioni e milioni di euro. A questo quadro si aggiunge la scelta del governo, nelle bozze sull’utilizzo del Recovery Fund, di spendere ben 30 miliardi nel settore della Difesa.
Come movimento che si oppone all’occupazione militare della Sardegna, A Foras non può chiudere gli occhi di fronte a questa situazione disastrosa.
Per questo abbiamo deciso di riunirci venerdì 20 ottobre alle 15 davanti all’ingresso della base di Capo Frasca, nel pieno rispetto di tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza dei partecipanti da eventuali contagi, per discutere e ribadire le richieste che già avevamo avanzato la scorsa primavera:
• Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
• Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
• Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda.

È una questione di priorità: non è possibile continuare ad assistere allo sperpero dei nostri soldi in progetti che contribuiscono alla depressione economica delle comunità a cui apparteniamo e alla devastazione della terra in cui abitiamo, mentre la sanità viene costantemente depotenziata da anni, con i risultati evidenti sotto gli occhi di tutti.

Giovedì 19 novembre 2020 ore 15:00 davanti al Poligono di Capo Frasca – Sant’Antonio di Santadi

SIT IN A NUORO _ SOLIDARIETÀ A BAKIS BEKS

 

SIT-IN di solidarietà a Bakis Beks, venerdì 11 settembre ore 18:30, piazza Vittorio Emanuele Nuoro.

 

Passione civile e talento sono tratti che hanno fatto risaltare sulla scena rap un artista come Bakis Beks, che da tempo mostra sui palchi la creatività e il coraggio di esprimere, attraverso la forma d’arte che sente più vicina, la propria opinione e il proprio pensiero.

Anche per questo motivo ha destato un coro di indignazione, specialmente nella comunità nuorese, la notizia che Bakis insieme ad altri giovani siano stati colpiti da un inqualificabile atto repressivo, con un decreto penale di condanna che li ha raggiunti a seguito di un concerto rap.

Le forze repressive hanno ritenuto di incriminare le parole di una canzone in cui Bakis ha cantato tutta la sua contrarietà alla presenza dei poligoni militari in Sardegna: “non c’è tempo per mediazioni – indennizzi – conciliazioni – questo è un messaggio ai coloni – basta, fuori dai coglioni!”.
Ad essere incriminata è anche la coreografia che accompagna il testo musicale ovvero “il dito medio”, comune espressione di denuncia degli artisti rap.

A detta degli inquirenti che erano presenti al concerto l’8 settembre 2018 a Nuoro, quelle parole e quella coreografia sarebbero state espresse oltraggiosamente contro di loro.

Tra qualche mese per il cantante ed alcuni fan si aprirà un processo presso il Tribunale di Nuoro, nel quale verrà messa in discussione la libertà di espressione e la libertà dell’arte.

Il rap non è mai stato un genere musicale “politicamente corretto” e del resto la libertà di opinione è un diritto particolarmente sentito in una terra come la nostra, che soffre profondamente il ruolo subalterno che le viene assegnato come una condanna inesorabile, in nome di potenti interessi economici esterni.

Mettere il bavaglio all’arte è un atto riprovevole che abbiamo il dovere di contrastare se vogliamo intraprendere la strada del progresso e della costruzione di una società consapevole.

Per denunciare quanto è accaduto l’Associazione Libertade, A Foras Barbagia-Baronia e lo Spazio Antifascista di Nuoro, indicono un sit-in in piazza Vittorio Emanuele venerdì 11 settembre alle 18:30, invitando tutti i cittadini e gli artisti sardi a partecipare portando la loro vicinanza a tutti i giovani che sono coinvolti in questa vicenda.

 

Evento facebook: SIT IN A NUORO – SOLIDARIETA’ A BAKIS BEKS

#solidarietà

#bakis

#aforas

#libertade

#spazioantifascista

IL VIRUS NON FERMA LE ESERCITAZIONI: ATTIVITA’ MILITARE INTENSA DAL 6 APRILE AL 9 GIUGNO

Ecco dove finiscono i soldi sottratti alla sanità: da domani due mesi di esercitazioni sui cieli della sardegna. In barba all’emergenza sanitaria e alla crisi economica.

Quella che ci apprestiamo a raccontarvi è una notizia che apprendiamo con particolare sconcerto: a partire da domani e per i prossimi due mesi in Sardegna si svolgeranno esercitazioni militari e alcuni elementi lasciano pensare che si tratterà di un livello di attività particolarmente intenso. In barba alla crisi sanitaria ed economica, i cieli sardi e i poligoni che occupano la nostra terra saranno il teatro di esercitazioni militari?

La fonte da cui lo apprendiamo è altamente qualificata, si tratta del sito www.deskaeronautico.it, un portale di informazioni per i piloti che pubblica costantemente le note degli enti preposti alla sicurezza dell’aviazione. Non solo, abbiamo fatto ulteriori verifiche e anche il sisto notaminfo.com, che informa in tempo reale sui NOTAM, ossia sugli avvisi per la navigazione aerea, riporte le stesse informazioni (https://notaminfo.com/latest?country=Italy).

Ecco i fatti: dal 6 aprile al 9 giugno, quindi per più di due mesi, sono istituiti a causa di intensa attività militare tre corridoi aerei, che riguardano lo stesso tragitto ma a varie altezze, che mettono in collegamento il Poligono Interforze del Salto di Quirra con il Poligono di Capo Frasca.

L’istituzione del corridoio aereo in questione, non è un fatto comune: avviene soprattutto in occasione di grandi esercitazioni, come durante la Joint Stars svoltasi tra il 13 e il 31 maggio 2019.

Le intense attività militari, riporta il sito deskaeronautico, si svolgeranno dal lunedì al giovedì dalle 09 alle 21, per ben dodici ore, e il venerdì dalle 09 alle 16. Le esercitazioni saranno interrotte il 13 aprile, il Primo maggio e il 2 giugno.

Poche informazioni, ma significative. E che destano sospetti sull’ipotesi che le forze armate italiane abbiano intenzione di approfittare del traffico aereo praticamente azzerato sulla Sardegna per scorrazzare liberamente nei nostri cieli. Tutto questo, mentre l’isola è rinchiusa in casa per l’emergenza sanitaria e mentre i nostri ospedali hanno un disperato bisogno di risorse econoimche per far fronte alla crisi. Mentre i sardi stessi si preparano a una crisi economica senza precedenti e si moltiplicano le difficoltà per vari gruppi sociali.

Se la notizia fosse confermata, si tratterebbe dell’ennesimo vergognoso affronto, solo l’ultimo in ordine di tempo, delle forze armate italiane alla Sardegna. Al momento non risultano ordinanze di sgombero a mare o a terra per esercitazioni, ma le disposizioni sull’istituzione dei tre corridoi lasciano ben pochi dubbi.

È urgente e necessario che arrivi dall’Aeronautica Militare, dal Comitato Misto Paritetico, dal Ministero delal Difesa e dalla Regione Sardegna una spiegazione su questi fatti. I Sardi hanno diritto di sapere se, in un momento così critico, si prevede di svolgere esercitazioni militari nell’isola e a quale costo.

#aforas
#piùospedalimenomilitari
#stopesercitazioni

 

Corteo contro la guerra e le basi militari – Cagliari 25 gennaio 2020

Appello ad una mobilitazione contro la guerra e per l’indisponibilità delle basi sarde.

Nella settimana successiva all’attacco criminale degli Stati Uniti in territorio iracheno contro il generale dell’esercito iraniano Soleimani, sarde e sardi provenienti da diversi territori si sono incontrati a Nuoro, Sassari e Cagliari in affollate e partecipate assemblee per discutere della preoccupante situazione nel contesto medio orientale e del coinvolgimento dei propri territori nelle manovre di guerra.

Le operazioni di queste settimane mettono definitivamente la parola fine al tanto decantato multilateralismo portato avanti dalla NATO. In questo scenario di guerra totale le vittime sono le popolazioni civili che da decenni ormai subiscono le conseguenze delle mire espansionistiche economiche e territoriali delle grandi potenze che ne fanno parte.

All’interno di questa situazione, in cui emergono chiaramente alcuni attori (Turchia e Stati Uniti), anche lo Stato italiano, per quanto voglia apparire neutrale ed equidistante, ha grandi interessi da difendere. Non è un mistero infatti che lo Stato italiano mantenga fruttuosi scambi commerciali basati sulla vendita di armamenti a stati belligeranti, in spregio della propria costituzione.
Non pago di aiutare l’industria bellica a esportare i suoi prodotti, lo stato italiano foraggia ulteriormente le fabbriche di morte spostando finanziamenti dalle spese per il miglioramento della vita delle classi popolari, verso le spese militari. L’ultimo vergognoso esempio di questa pratica è l’utilizzo di 554 milioni di euro dal “fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese” per l’acquisto di due sommergibili. Uno schiaffo per quei territori che versano nel più assoluto abbandono dello stato, come per esempio quelli che in Sardegna sono stati funestati dalle alluvioni.
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Noi, sarde e sardi, dichiariamo i nostri territori indisponibili al loro utilizzo per la teorizzazione e l’organizzazione delle guerre. Pretendiamo lo stop immediato delle esercitazioni che vedono partecipi anche Stati Uniti e Turchia e la dismissione di tutti i poligoni militari. Sia perché questi rendono possibile l’attacco a popolazioni civili in tutto il mondo, sia perché la loro presenza mette in pericolo la sicurezza delle sarde e dei sardi che vivono nel territorio.

PER LA SOLIDARIETA’ CON LE POPOLAZIONI AGGREDITE
PER LO STOP IMMEDIATO DELLE OPERAZIONI MILITARI DEI MEMBRI NATO
PER IL RITIRO DELLE TRUPPE ITALIANE DAGLI SCENARI DI GUERRA
PER LA RICONVERSIONE DELLA SPESA MILITARE IN SPESA SOCIALE

A FORAS IS BASIS DE SA SARDIGNA
NESSUNA BASE PER LE VOSTRE GUERRE

MANIFESTAZIONE SARDA
SABATO 25 GENNAIO ORE 15:30
CAGLIARI – PIAZZA TRENTO

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