Ribaltiamo il 4 novembre e la finta pace!


Anche questo 4 novembre ci ritroveremo circondati dalle celebrazioni muscolari della forza militare italiana, tra fanfare e parate di mezzi corazzati. Anche quest’anno i militari saranno osannati come grandi eroi della patria e, in un ribaltamento totale della realtà, indicati come l’unica via per il raggiungimento della pace. Anche quest’anno la retorica bellica nazionalista proverà a convincerci che i militari inviati in Iraq e Afganistan ieri, in Libano oggi e a Gaza forse domani, non sono andati in guerra, ma in “missioni di pace”. Una pace coloniale, costruita su tonnellate di macerie e centinaia di migliaia di cadaveri, nella totale impunità di criminali di guerra come Blair, Bush e Netanyahu.


Fortunatamente anche quest’anno il movimento contro l’occupazione militare della Sardegna e soprattutto il grande movimento popolare di solidarietà nei confronti del Popolo Palestinese non cascheranno in questo vecchio giochetto. Le piazze per la Palestina che da ormai due mesi affollano le nostre città e i nostri paesi sanno bene che la pace non si costruisce con la forza e con le armi (e gli eserciti) occidentali. Sanno che lo stato italiano ha interessi economici da difendere (o conquistare): vedi ENI e WeBuild; alleanze militari imposte dall’alto da rispettare: vedi NATO; industrie “strategiche” da difendere: vedi LEONARDO. Le piazze auto organizzate che hanno superato le grandi organizzazioni partitiche e sindacali sanno anche che la pace non nascerà certo dall’alto grazie ai patti mafiosi di Trump, ma si costruisce tutti i giorni dal basso. Qua in Sardegna la pace si costruisce chiudendo le basi militari dove si preparano le guerre e il genocidio palestinese per mano dell’Israel Defence Force, che qui è di casa a Decimo, come lo è stata per anni a Capo Frasca e Quirra. Si costruisce bloccando gli accordi di ricerca tra università sarde e israeliane. Si costruisce chiudendo la fabbrica di bombe RWM di Domusnovas che produce i droni israeliani. Si costruisce dicendo un forte NO alla sua espansione, decisione che ora è in mano a una Regione governata da forze che a parole si dicono contro il genocidio, e speriamo che ai gesti simbolici ne segua ora uno effettivo e reale.


La pace si costruisce banalmente smettendo di vendere armi a Israele, oltre che isolandola diplomaticamente ed economicamente. Liberandoci della filiera bellica sarda e del suo conseguente sottosviluppo contribuiremo alla liberazione della Palestina e di tutti gli altri popoli oppressi dall’occidente, oltre che alla nostra.


Ma ad essere liberate devono essere prima di tutto le nostre menti. Liberiamoci dalla narrazione dominante che celebra ogni anno la forza e l’onore militare, la stessa che chiama eroi i militari morti durante le missioni coloniali in Medio Oriente. Ad ammazzare i militari sardi e italiani a Nassirya non sono state le forze locali di resistenza irachena, ma gli interessi politici e industriali italiani che li hanno mandati in un posto in cui non dovevano essere. Esattamente come i sardi mandati sul fronte austriaco nella prima guerra mondiale non sono morti per l’italia, ma per la sua borghesia industriale. Ora, come cento anni fa, l’Europa tutta si sta riarmando, e il motivo è sempre lo stesso: dar fiato a un complesso industriale in crisi, la cui unica via d’uscita paventata è la riconversione bellica, e soprattutto a una classe dirigente priva di una direzione politica, incapace di dare risposte a qualsiasi esigenza sociale, in cerca di un nemico per compensare la sua crescente mancanza di legittimità democratica.

La narrazione bellica e l’aria di guerra stanno ormai invadendo tutta la società, a partire dalla scuola. Il Ministero dell’istruzione, mentre spinge sempre più i programmi di propaganda e arruolamento interni agli orari curricolari degli istituti scolastici, ha infatti appena annullato la formazione per docenti “4 novembre, la scuola non si arruola”, tentando di delegittimare l’esercizio della critica alla deriva in atto da parte del personale scolastico. Anche per questo il 4 novembre dobbiamo stringerci vicini a tutti i docenti e gli studenti che si oppongono a tutto ciò.

Per tutte queste ragioni invitiamo a disertare e boicottare tutte le manifestazioni militari del 4 di novembre e invece partecipare alle piazze che resistono, per la Palestina e per una Sardegna e una scuola libere dalla narrazione bellica dominante.

A FORAS!

Ricomincia la stagione delle bombe

Come ogni autunno, dagli uffici marittimi delle capitanerie di porto cominciano a fioccare gli ordini di evacuazione delle zone a mare in prossimità dei poligoni sardi.
Un altro anno in cui si dissemineranno aria, acqua e suolo di contaminanti che silenziosamente ammazzano ecosistemi e persone.
Un altro anno in cui senza autorizzazione ambientale si continuerà a svolgere attività inquinanti e distruttive in prossimità o dentro zone protette.
Un altro anno in cui si perpetuerà la marginalità e la disperazione di comunità prive di sbocchi economici che non siano la servitù e l’assistenzialismo militare.
Un altro anno in cui si coltiveranno i rapporti criminali tra assassini che caratterizzano il mercato internazionale delle armi e dei sistemi di sorveglianza.
Un altro anno in cui si addestreranno gli eserciti di mezzo mondo a perpetuare un sistema di violenza e sopraffazione su scala globale.
Un altro anno in cui si addestreranno le forze armate italiane a operare contro la loro stessa cittadinanza, con sistemi di sorveglianza e tecniche di repressione del dissenso sempre più sofisticati.

Quando chiudiamo gli occhi dinnanzi a questo orrore, sopraffatti dalla sua enormità, assuefatti dalla sua riproduzione quotidiana, ricordiamoci che questa è la macchina che rende possibile il genocidio.


Palestina, Sudan, Myanmar, Ucraina, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Kurdistan…
I fili che uniscono gli orrori del genocidio e della guerra all’occupazione militare della Sardegna sono infiniti, passano dalle complicità politiche dello stato italiano, dagli accordi di collaborazione delle forze armate, dai rapporti di affari del complesso militare industriale, dalla compromissione degli ambiti della ricerca scientifica e tecnologica con l’industria bellica.
I poligoni militari sardi sono un perno di questo sistema di morte. Dai poligoni militari, questo sistema si estende all’economia, all’istruzione, alla ricerca, alla società tutta, come un tumore, nel tentativo di legittimare un sistema che si fonda sull’assassinio, la minaccia, la prepotenza, il disconoscimento totale dei principi democratici.
Combattere contro l’occupazione militare della Sardegna è combattere contro la macchina del genocidio odierno e di quelli venturi. È una responsabilità storica che ci tocca in prima persona.

Mobilitiamoci!

Riprenderci il territorio: un’escursione nel territorio del PISQ

Domenica scorsa con alcunə compagnə di A Foras abbiamo partecipato ad un’ escursione naturalistica nel Poligono di Quirra, col desiderio di iniziare a riprenderci la Sardegna a partire dalla conoscenza dei suoi monumenti storici e delle sue bellezze ambientali, proprio dove sono maggiormente minacciate.

Questa volta abbiamo iniziato dalla zona del “Poligono a mare” del PISQ.

Siamo partiti da Quirra, una frazione del comune di Villaputzu costituita da case sparse, che confina con il “Distaccamento di Capo San Lorenzo” e la fabbrica di armi della Leonardo S.P.A.

In questa zona ci sono moltissimi resti archeologici di tutte le epoche, fra cui diversi nuraghi, domus de janas, alcune chiesette romaniche e il castello medievale che si affaccia sull’entroterra e domina la valle alluvionale che scende al mare di Murtas.

Il castello di Quirra fu costruito dai giudici di Càlaris nel XII secolo e in seguito fu proprietà di Nino Visconti prima di essere incamerato nei domini di Pisa in Sardegna verso il 1296.

Fu conquistato dagli aragonesi dopo un lungo assedio nel 1324 e fu teatro di diversi scontri con i giudici di Arborea.

Appena sotto il castello inizia la zona del Poligono Militare, che coincide per oltre due terzi con il Sito di Interesse Comunitario “Stagni di Murtas e S’àcua durci”.

Questa zona, con la spiaggia di Murtas è interdetta dal 1 ottobre al 1 giugno.

In seguito all’accordo fra la Regione e il Ministero della Difesa, erano stati aperti alcuni chioschi lungo la spiaggia che sembravano poter contribuire a creare un’ economia alternativa, dove in passato c’era solo l’indotto legato alla base, che soffoca l’economia locale e al tempo stesso illude i sardi di tenerli in vita.

Purtroppo la scorsa estate non sono state più rilasciate concessioni e quindi al momento non esiste nessuna struttura di ristorazione nella zona, eccetto quella che serve i militari e gli operai della Leonardo.

La nostra escursione è terminata alla Torre Spagnola di Murtas, da dove si può vedere la rampa su cui vengono testati i vettori aerospaziali, con la dispersione nell’ ambiente di enormi quantità di sostanze inquinanti.

Da lì purtroppo siamo dovuti tornare indietro, ma siamo sempre più convinti che dobbiamo vedere nostra terra libera, senza più filo spinato e stagioni delle bombe.

PIAZZA RUMOROSA, PREFETTURA MUTA

SASSARI – 22 SETTEMBRE 2025 – SCIOPERO GENERALE

Oltre 3 mila persone hanno fatto sentire la propria voce a Sassari, in occasione dello sciopero generale per la Palestina.

In una Piazza d’Italia gremita fin da prima delle 10:30, orario della chiamata, si sono susseguiti numerosi interventi, uniti tutti dalla richiesta al Governo italiano di interrompere i rapporti commerciali ed economici con l’entità sionista israeliana.

In particolare si è denunciato il ruolo della Sardegna nel genocidio: dalla presenza dell’IDF nelle proprie basi militari, alla cooperazione tra università sarde e israeliane fino alle ingenti commesse della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas.

A tutto ciò si è recentemente aggiunta la repressione, sotto forma di fogli di via da Olbia, nei confronti dellə militanti che hanno protestato contro i turisti sionisti in Gallura.

Al termine della mattinata le numerose persone ancora presenti in piazza si sono riversate all’ingresso della Prefettura di Sassari, con l’obiettivo di consegnare una lettera, firmata da oltre 30 sigle presenti allo sciopero, alla Prefetta di Sassari.

La lettera conteneva le seguenti rivendicazioni:

• CHIEDIAMO CHE L’ITALIA CESSI OGNI RELAZIONE DIPLOMATICA, COMMERCIALE E MILITARE CON ISRAELE.

• CHIEDIAMO CHE SI APPRONTINO SANZIONI ECONOMICHE CONTRO ISRAELE, IN PARTICOLARE CHE CESSI IL COMMERCIO DI ARMI E LE PARTNERSHIP UNIVERSITARIE, INDUSTRIALI E MILITARI, COMPRESE QUELLE CHE AVVENGONO NELLE BASI MILITARI SARDE.

• CHIEDIAMO CHE IL DDL 1004 VENGA UFFICIALMENTE BOCCIATO ESSENDO UN PROVVEDIMENTO REPRESSIVO UTILE A INTERROMPERE QUALSIASI MANIFESTAZIONE A SOSTEGNO DEL POPOLO PALESTINESE

Per le ultime tre richieste è stato chiesto alla Prefetta un pronunciamento pubblico, essendo questioni strettamente legate a tematiche locali:

• CHIEDIAMO DEI CHIARIMENTI CIRCA LA PRESENZA E LE ATTIVITÀ SVOLTE DALL’IDF NEGLI ULTIMI MESI IN SARDEGNA, IN PARTICOLARE NELLA BASE MILITARE DI DECIMOMANNU.

• CHIEDIAMO CHIARIMENTI SULLA PRESENZA DELL’INTELLIGENCE ISRAELIANA IN SARDEGNA E DI EVENTUALI RAPPORTI CON LE FORZE DI POLIZIA LOCALE.

• CHIEDIAMO CHE LA QUESTURA DI SASSARI REVOCHI I PROVVEDIMENTI DEI FOGLI DI VIA AI MANIFESTANTI CONTRO I TURISTI SIONISTI, PUNITI PER AVER PALESATO IL PROPRIO DISSENSO IN MANIERA PACIFICA.

Le risposte sono state di un silenzio assordante, nascosto dietro “non so”, “non posso rispondere” e “non è un’informazione di mia competenza”.

Anche questi silenzi comunicano qualcosa: ovvero la volontà di Prefetto e Governo di tenere nascoste le attività militari e dei servizi segreti israeliani in Sardegna.

Evidentemente questi sono più importanti del Popolo Sardo.

Sulla rimozione del provvedimento repressivo dei fogli di via: l’unica risposta che ci è stata data è “analizzerò gli atti – il ricorso e il provvedimento – e prenderò una decisione”.

Contiamo che questa decisione sarà presa al più presto possibile, e, come abbiamo comunicato alla Prefetta, continueremo a mantenere alta l’attenzione sul tema.

LA MOBILITAZIONE NON CESSERÀ, VOGLIAMO RISPOSTE, E LE AVREMO!

TENIAMO ALTA LA MOBILITAZIONE

FUORI I SIONISTI DALLA SARDEGNA

NO ALLA COMPLICITA DELLO STATO ITALIANO

REVOCA COLLETTIVA DEI FOGLI DI VIA

STOP AL TURISMO SIONISTA E STOP AL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE.

Sulle macerie e sulle coste – Dal colonialismo genocidario israeliano alla villeggiatura in Sardegna

I fatti, più o meno, li conosciamo. La popolazione palestinese sta subendo un genocidio da parte dello stato di Israele, appoggiato da complici occidentali. La soluzione finale è in corso, come dichiarato dal Primo Ministro israeliano Netanyahu. La guerra di Israele contro la Palestina dura da più di settant’anni, con dei picchi di sterminio che partono dalla Nakba e che oggi superano qualsiasi misura mai conosciuta prima. E da allora la popolazione palestinese resiste.

Cosa farne di una terra devastata non è mai stato un gran problema per lo Stato Ebraico. Da mesi si chiacchiera del progetto di costruzione della cosiddetta “Gaza Riviera”, che ora sembra concretizzarsi attraverso un piano di investimenti da parte di Israele e USA: il Washington Post ha reso noto che il Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation (GREAT) è stato effettivamente steso in un documento di 38 pagine.

Ufficialmente “trasferimenti temporanei” e “partenze volontarie”, sono di fatto una deportazione degli oltre 2 milioni abitanti della Striscia a seguito di una guerra che ha raso al suolo il territorio palestinese e sterminato la sua popolazione.

La guerra di Israele alla popolazione palestinese è sempre stata riconosciuta nella sua natura di guerra di insediamento coloniale per la realizzazione di un progetto etno-nazionalista, fondamentalista religioso, con la speficifica caratteristica di essere un solido baluardo capitalista occidentale nei paesi arabi. Cosa significa tutto questo è disvelato dagli espliciti discorsi sionisti, dal pronunciato odio verso la popolazione araba, dalla tecnologia militare e dal coinvolgimento totale della popolazione civile israeliana nella guerra. E ultimo, ma non per importanza, dai piani di ricostruzione del futuro della Striscia – futuro di cui i coloni israeliani si sono appropriati- e tra questi piani spicca appunto il GREAT.

Così Israele si presenta come avanguardia colonialista per eccellenza, con il caratteristico sincretismo di lusso, investimenti immobiliari, turismo, Hi-tech, tutto sotto stretta sorveglianza militare.

Arriviamo al dunque. C’è un filo nemmeno troppo sottile che collega l’industria del turismo di lusso modello israeliano e la Sardegna. Proprio questa estate, mentre a Gaza prosegue il genocidio, viene fatto su un mega yatch a largo della Costa Smeralda un summit con Steve Witkoff, rappresentante diplomatico statunitense, il primo ministro del Qatar e il ministro israeliano Ron Dermer, annunciato come una trattativa per il cessate fuoco a Gaza e conclusosi con un nulla di fatto ma con i tratti di una piacevole villeggiatura.

E’ stata poi annunciata per giugno l’inaugurazione della nuova tratta diretta Olbia-Tel Aviv, rinforzata da controlli speciali su passeggeri e bagagli, che saranno gestiti in collaborazione con le autorità israeliane, ovvero agenti in borghese – con tutta probabilità, ci sentiamo di aggiungere, agenti del Mossad.

La popolazione sarda durante gli ultimi mesi ha manifestato più volte in mille contesti e con mille strumenti differenti la propria solidarietà verso il popolo palestinese. Una solidarietà fatta da piccole azioni spontanee e individuali come l’esibizione di bandiere e striscioni durante le feste popolari e di mobilitazioni più strutturate da parte del mondo dell’associazionismo, dell’antagonismo, delle realtà politiche indipendentiste e della sinistra di classe fino ad arrivare al mondo cattolico. Anche nel caso degli arrivi da Tel Aviv questa solidarietà non è venuta meno e già dal primo arrivo, in data 27 agosto 2025, i turisti sionisti hanno trovato un nutrito comitato di accoglienza a destinazione. Durante il presidio di domenica 31 agosto circa 200 manifestanti sono addirittura riusciti a bloccare per 3 ore il transito dei turisti israeliani verso il loro hotel, ricevendo sostegno e solidarietà dal personale aeroportuale e da tanti altri turisti in transito all’aeroporto di Olbia. Come spesso accade, in funzione dell’arrivo del 4 settembre, probabilmente sotto pressioni del Mossad, la polizia italiana si è dotata delle dovute contromisure schierando l’antisommossa e scortando gli autobus del turismo sionista fino al loro hotel, arrivando addirittura a identificare 5 cittadine (di cui un bambino) che semplicemente passeggiavano in aeroporto perché riconosciute come solidali alla causa palestinese.

La scelta della Sardegna come avamposto di villeggiatura e riposo per civili e militari israeliani non riteniamo sia casuale. Per cominciare, la Costa Smeralda è un baluardo del turismo di lusso, un territorio di fatto inaccessibile alle persone sarde, proibitivo a causa dei costi diretti e indiretti, schiavile nei termini delle condizioni di lavoro con cui nostr3 compaesan3 vengono assunt3 nelle strutture ricettive. Materialmente e moralmente lontano dai nostri desideri su come vivere la nostra terra.

A questo si aggiunge la militarizzazione diretta di così tante aree che qualsiasi destinazione turistica si ritrova confinante con basi Nato o altre strutture militari, dato probabilmente rilevante per chi ne fa una questione di sicurezza in un momento così teso dal punto di vista geopolitico. Togliendo le aree di turismo ad alto impatto e le zone militari, si capisce che a noi resta ben poco.

Un insulto, per noi, essere la destinazione favorita dai coloni israeliani complici del genocidio. Un insegnamento, per loro, su come ri-valorizzare una terra ormai inaridita ma con un grande potenziale di estrattivismo economico. Così si intersecano senza troppi nodi i fili che legano un genocidio, l’economia della guerra, il colonialismo e il turismo. Da grandi condanne derivano grandi responsabilità: fare di tutto per liberare la Palestina è fare di tutto per togliere le basi alle guerre coloniali e ai grandi capitali partendo dai centri economici delle nostre terre occidentali.

La proposta è già in atto ma ha bisogno di qualche chiarimento: l’intento dei presidi e delle azioni di disturbo all’aeroporto non è stato solo quello di esprimere un dissenso, ma quello di portare alla luce dove partono, dove atterrano e che itinerario percorrono i legami dei poteri forti da qui a Gaza.

E’ a proposito di itinerari e ospitanti che ci proponiamo quindi di rendere pubbliche alcune informazioni che abbiamo reperito prima e durante le azioni di disturbo. L’obiettivo sarà quello di rendere la Sardegna un luogo dove i complici del genocidio non siano i benvenuti, e quindi la cancellazione della tratta Tel Aviv-Olbia, il rifiuto da parte delle strutture locali di ospitare e accogliere i responsabili della guerra in Palestina, decostruire il mito dell’industria turistica come possibilità di sviluppo; ma anche trasformare il dissenso e la solidarietà fine a se stessa in mobilitazione contro l’occupazione militare, la fabbrica di bombe RWM di Domusnovas, i rapporti economici fra università e istituzioni con lo stato di Israele, la partecipazione della Brigata Sassari a “missioni di pace” che di fatto sostengono l’occupazione sionista del Libano, il boicottaggio delle merci legate al genocidio. Insomma, lottare per liberare noi stesse e i nostri territori è un contributo attivo e diretto alla libertà del popolo palestinese.

Fondamentale è per questo organizzarsi e sostenere chi di noi persone sarde lavora nel settore della ristorazione o nel settore alberghiero in condizioni contrattuali (o non contrattuali!) pessime, le stesse che non permettono di avere forza sindacale per rifiutarsi di far disossare la nostra terra da chi stermina la popolazione palestinese e dai pesci grossi del turismo. Così come la Sumud Flottilla prende il vento per rompere l’assedio grazie al sostegno di migliaia di persone, ognuna che fa il suo pezzo partendo dal proprio quotidiano e dal proprio luogo di studio o di lavoro, anche la Sardegna ha la responsabilità di aggredire le proprie contraddizioni.

Rinnovando l’invito a prendere contatti e raccogliere informazioni , elenchiamo alcune delle strutture e infrastrutture coinvolte nell’accoglienza di coloni-turisti israeliani

  • Geasar, azienda che gestisce l’aeroporto di Olbia
  • Mangia’s Sardinia Resort, Santa Teresa, Via Antares 1
  • Cantina Surrau, Arzachena, località Chilvagghja
  • Ristorante Pizzeria La Ruota, Arzachena, località Cascioni
  • Phi Beach Club, Baja Sardinia, località Forte Cappellini
  • Boutique del Mar, Palau, località Mannena Spiaggia Bruciata

Questa invece la compagnia che organizza viaggi per i dipendenti del settore della comunicazione hi-tech, Vaad Cellcom:


Alcune di queste strutture, come ad esempio il Mangia’s Sardinia Resort (Aeroviaggi) e il Phi Beach (la cui struttura è proprietà della Regione Sardegna), non rappresentano altro che la forma del colonialismo turistico che noi sarde conosciamo bene e che in questo caso particolare aggravano la loro presenza prepotente sulla nostra terra permettendosi di ospitare coloni di uno stato genocida. Strutture di coloni che ospitano altri coloni e che lucrano da decenni sul nostro territorio in cambio di qualche busta paga da cameriere e lavapiatti. Decostruire il mito dell’industria turistica, smascherarne i ritmi di lavoro disumani, sindacalizzare le lavoratrici, criticarne e combatterne la presenza sul territorio è un obbiettivo urgente che dovremmo porci e quest’ultima gravissima contraddizione ci dà l’occasione di cominciare.

In sostanza, sappiamo che il genocidio inizia anche da qui, da dietro casa nostra, dai porti e aeroporti che visitiamo spesso quando costrette ad emigrare, dai luoghi del lusso della Costa Smeralda, cioè il parco giochi dei coloni per altri coloni, dai poligoni e dalle installazioni militari.
Dunque, cosa possiamo fare noi?
Come anche il BDS suggerisce, le pratiche possono essere tante, diverse e creative.

  • Presidiare e disturbare i luoghi frequentati dai sionisti, affinché sia evidente che il popolo sardo sa cosa succede e di che crimini siano macchiati.
  • Essere presenti agli arrivi da Tel Aviv all’aeroporto di Olbia, sia ai presidi pubblici sia individualmente.
  • Boicottare tutti i locali elencati sopra.
  • Chiedere loro conto della complicità al genocidio: dal vivo, per e-mail, sui social. Intasiamo i loro canali: ospitano e intrattengono criminali di guerra.
  • Fare pressione alle amministrazioni locali e regionali affinché si esprimano e blocchino lo scempio in atto.
  • Diffondere queste informazioni affinché tutte/i possano posizionarsi in merito.
  • Contattarci per segnalazioni a riguardo, locali o strutture coinvolte, aggressioni sioniste ai danni delle lavoratrici in Gallura.
  • Organizzare e partecipare alle mobilitazioni contro la guerra.


La lotta non è semplice, spesso ci sentiamo impotenti di fronte a ciò che accade in Palestina, però sappiamo che non siamo sole: i popoli del mondo intero si stanno schierando con i propri corpi contro il genocidio, in ogni modo possibile. Abbiamo amici dappertutto! I governi sostengono lo sterminio, ma le persone no; sta a noi, con la nostra forza e la consapevolezza di essere dalla parte giusta, riconquistare una vita e una terra di libertà, per noi e per il popolo palestinese. E non solo.



Il silenzio è complicità.
La storia chiederà il conto.

Contra sa gherra
Palestina libera, Sardigna libera

Cosa ci insegna l’interdizione estiva del mare di Murtas

A partire da ferragosto, e sino al 20 settembre, l’ampio spazio di mare antistante la spiaggia di Murtas, nelle vicinanze del Poligono di Quirra, è interdetto alla navigazione.

L’interdizione è dovuta alle operazioni di recupero di due missili finiti in mare durante le attività di addestramento avvenute in primavera. Sono un missile Stinger e un missile Aster, quest’ultimo a quanto pare inesploso. Il costo di questi missili supera i due milioni di euro.

Cosa ci insegna questa vicenda?

L’INSUFFICIENZA DEGLI ACCORDI STATO-REGIONE DEL 2017

Punto qualificante di questi accordi era la sospensione delle esercitazioni a fuoco durante il periodo dal 1 giugno al 30 settembre. Questo vuole dire che comunque i militari possono arbitrariamente interdire l’uso di terra, aria e mare sardi per svolgere attività che non prevedono l’uso di munizioni.

È così che viene bloccato il mare davanti a Murtas, ed è così che per buona parte dell’estate sono stati bloccati gli spazi aerei della Sardegna occidentale, per consentire i voli continui di jet militari dalla base di Decimomannu.

GLI EFFETTI DEI BOMBARDAMENTI NON SI ESAURISCONO CON LE ESERCITAZIONI

È inutile fermare le esercitazioni a fuoco solamente d’estate perché gli effetti dei bombardamenti si verificano anche sul medio e lungo periodo. In effetti, i militari stanno interpretando l’estate come periodo di pausa tattica nei bombardamenti a proprio uso e consumo.

Così un missile inesploso lanciato sul mare di Murtas a maggio viene recuperato tra agosto e settembre (perché non a ottobre allora? Perchè da ottobre si tornerà a sparare). L’inquinamento verificato a gennaio a Teulada viene rivelato solo a luglio (perché non subito in febbraio? Perchè si doveva continuare a sparare). 70 anni di occupazione militare non si possono certo risolvere con una pausa di tre mesi all’anno nei bombardamenti.

L’ECONOMIA DI GUERRA È UNA PURA E SEMPLICE FOLLIA

Un missile Aster costa 2 milioni di euro. Che durante tutta la stagione invernale si passi il tempo a lanciare milioni di euro contro il mare, mentre si sostiene che non vi siano soldi per i servizi essenziali alla popolazione, è una follia e uno sfregio. Ma questa è l’economia militare: uno spreco di immani quantità di risorse tolte ad usi più produttivi per farle esplodere e finire letteralmente in fumo, macerie, morti ammazzati ed ecosistemi devastati. Questo senza considerare gli scopi ultimi di questa follia, che ci riportano al genocidio in Palestina, agli orrori di Ucraina, Sudan, Yemen, Myanmar, al progressivo disfacimento del concetto stesso di democrazia in atto qui, ora, con la scusa della mobilitazione bellica.

CHIUSURA, BONIFICA, RISARCIMENTO, RESTITUZIONE

L’unica soluzione per 70 anni di violenza e occupazione militare è la dismissione dei poligoni militari, la bonifica dei territori devastati da decenni di bombardamenti, il risarcimento alle comunità per il mancato sviluppo, l’inquinamento e la violenza cui sono state sottoposte, la restituzione definitiva alla popolazione.

A Foras Camp 2025

ANCHE QUEST’ANNO TORNA A FORAS CAMP!

L’AForasCamp2025 si svolgerà nel territorio di Nuoro, presso il Centro giovanile diocesano “San Giovanni”, al Monte Ortobene, da venerdì 25 luglio (mattina – arrivi) a domenica 27 luglio (pomeriggio – partenze).

Per registrarsi completare il form attraverso questo link:

–> Form

PROGRAMMA (IN AGGIORNAMENTO) A FORAS CAMP 2025

Venerdì 25

Mattina e primo pomeriggio: accoglienza e registrazione

H 17:00 – 18:00: Presentazione programma e organizzazione campeggio.

H 18:00 – 20:00: Seminario formativo 1: “Impariamo a difenderci dalla repressione”. A cura di Associazione Libertade.

H 17:00 Manine sporche – Animazione per i più piccoli.

H 20:30: Cena

H 21:30: Cineforum in collaborazione con Festival Al Ard.

Sabato 26

H 8:00 – 10:00 Colazione

H 7:30 Zirande in su Monte. Escursione a numero chiuso nei sentieri dell’Ortobene (max 25 persone), a cura di Massimeddu. Per prenotarsi contattare il num. 3299694001. L’escursione partirà tassativamente alle ore 8:00 per concludersi alle 10:30 circa.

H 9:00 – 13:30: “Nosatr*s e sa terra/Noi (altr*) e la terra”. Laboratorio separatista transfemminista a numero chiuso (max 25 persone) cura di Alice Salimbeni (Salicornia). Per info e prenotazioni scrivere a: ali.salimbeni@gmail.com.

H 10:30 – 13:30: Seminario formativo 2: “Manuale di cybersecurity per attivist* e cittadin* consapevoli”, a cura di Irpimedia.

H 10:30 Manine sporche – Animazione per i più piccoli.

H 13:30 – Pranzo:

H 16:00 – 18:00 Seminario formativo 3: “La colonizzazione sionista In Palestina dalla Nakba al 7 ottobre”. A cura dei Giovani Palestinesi.

H 16:30: Manine sporche – Animazione per i più piccoli.

H 18:30: Concerto con Kunturi

H 20:30: Cena

H 21:30 Concerto con Tenore Murales di Orgosolo e Dj Skento.

Domenica 25

H 8:00 – 10:00 Colazione

H 11:00 – 13:30: Assemblea dibattito “La corsa al riarmo europea e l’occupazione militare in Sardegna”

H 13:30: Pranzo

H 17:00: Concerto conclusivo dei Nugoro Rude.

DOSSIER: STUDIARE LA LONGEVITÀ IN MEZZO AL DISASTRO

Come la propaganda militare tenta di usare la scienza contro la scienza nel Poligono Interforze del Salto di Quirra

Leggi e scarica il dossier


L’11 giugno 2024 si è inaugurato a Perdasdefogu un“Polo di ricerca scientifica e della salute in Ogliastra”, situato dentro le strutture del Poligono Interforze del Salto di Quirra (PISQ).

Un’iniziativa di questo tipo somiglia tanto a una provocazione, considerata la mole di evidenze aneddotiche e scientifiche inerenti i problemi ambientali e sanitari provocati dalle attività del Poligono che non hanno mai beneficiato di indagini scientifiche appropriate.
I problemi sollevati da questa iniziativa sono molteplici:

  • c’è una militarizzazione della ricerca scientifica, che comporta la creazione di conflitti di interessi legati alla provenienza di finanziamenti da parte della Difesa (che finanzia questo centro con mezzi propri, offrendo la sede).
  • c’è un problema connesso di etica della ricerca legato al cosiddetto “uso duale”: l’uso duale non è un qualcosa che riguarda solo i possibili usi militari di tecnologie ad uso civile (o viceversa), ma riguarda la struttura sociale e la pratica della scienza. Quando si fa ricerca in un contesto militarizzato, non si può pretendere di non considerare le finalità che l’autorità militare intende dare alla collaborazione, nascondendosi dietro alla “neutralità” della scienza o alla lontananza dei temi di ricerca dalle applicazioni militari. La domanda è: quale finalità assume la ricerca sulla longevità, fatta dentro il PISQ?
  • c’è un problema di inquinamento della narrazione pubblica del discorso scientifico. Il tentativo, in atto da diversi anni, è infatti quello di sostituire la narrazione sui danni della presenza militare del PISQ, con quella sulla longevità della popolazione ogliastrina.

In questo breve dossier sviluppiamo una serie di ragionamenti sull’operazione propagandistica che si è inteso fare con l’apertura di questo centro di ricerca, allargando il campo ad una serie di questioni inerenti il rapporto tra militarizzazione della società, ricerca scientifica e narrazioni con cui leggiamo e descriviamo il territorio in cui viviamo.

Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti

Presidio davanti al Tribunale di Cagliari per il processo ai generali di Teulada

Giovedì 18 luglio ore 9.00 – Piazza Repubblica, Tribunale, Cagliari

Le indagini: tutela, salute e ambiente

Il 18 luglio al Tribunale di Cagliari si terrà l’udienza del processo che mira a identificare i colpevoli del disastro ambientale avvenuto nel Poligono Militare di Teulada.
Gli imputati del processo sono quattro generali, ex capi di stato maggiore dell’Esercito Italiano, su cui pendono le accuse di disastro ambientale colposo. Il quinto imputato, il generale Graziano, si è suicidato il 17 giugno 2024.

Le indagini hanno riguardato un arco temporale sino al 2016 ma nel capo di imputazione si contestano le condotte solo sino al primo settembre 2014, in evidente contrasto con quanto accertato dalla stessa Procura. Con le indagini si è accertato che, nonostante si fosse attivato il PIA (Piano di intervento ambientale integrato), dal 2008 al 2016 si sono svolte le esercitazioni nella penisola Delta e nel 2016 sono stati rinvenuti n. 4 lunette contaminate di Torio e nel 2018 n. 9 motori di missili Milan.

Gli agenti inquinanti riversati nel territorio hanno la capacità di permeare la terra per decine di metri, raggiungere le falde acquifere, muoversi attraverso l’aria per chilometri e diffondersi nelle acque del mare per distanze difficilmente calcolabili. Queste sostanze entrano all’interno della catena alimentare, inquinando la pesca, l’allevamento, l’agricoltura e i prodotti derivati (es. pane, pasta, formaggi, vini etc). La tossicità dei materiali e la loro diffusione è alla base di numerose patologie che colpiscono animali, piante e esseri umani, come ad esempio leucemia, tumori solidi, malformazioni neonatali, intossicazione da specifici agenti.

Esistono evidenze scientifiche del nesso causale tra questi agenti inquinanti e le patologie riportate, sebbene, ad oggi, non siano mai state effettuate ricerche epidemiologiche serie che mettano alla luce la reale situazione nei pressi dei poligoni.

L’omertà di Stato

L’indagine era nata nel 2012 quando una ventina di residenti aveva presentato alcuni esposti segnalando l’insorgenza di alcune patologie come linfomi e diverse neoplasie riconducibili alle attività belliche praticate nel poligono.
In realtà la parte legata all’ipotesi di omicidio colposo era stata stralciata quasi subito e archiviata per l’impossibilità di dimostrare, come sostiene il Pubblico Ministero, un nesso causale tra decessi e presenza del poligono. In realtà i l nesso causale tra agenti inquinanti prodotti dalle esercitazioni militari e l’insorgenza di queste patologie è ampiamente dimostrato e documentato dalla letteratura scientifica internazionale. Quello che manca è uno studio epidemiologico accurato che dimostri l’aumento di incidenza di queste patologie in prossimità dei Poligoni, ma questo genere di studi può essere condotto esclusivamente dalle istituzioni Sarde o Italiane che fino ad oggi hanno latitato.

Il processo si configura già come come l’ennesima assoluzione dello Stato verso se stesso. Infatti, il Pubblico Ministero, pur ammettendo che nel Poligono di Teulada è avvenuto un disastro ambientale, continua a chiedere il proscioglimento di tutti gli imputati. Questo è avvenuto già al termine delle indagini preliminari, durate sette anni, ma in quell’occasione il GIP Alessandra Tedde ed il GUP Giuseppe Pintori hanno rispettivamente ordinato l’imputazione coatta dei presunti responsabili e successivamente rinviato a processo tutti gli imputati.
È probabile che il proscioglimento possa essere deciso già nell’udienza del 18 luglio, senza dare inizio al dibattimento.

Al di là del verdetto, il dibattimento potrebbe attestare in maniera più chiara i livelli di inquinamento ambientale, le relazioni con le patologie che affliggono la popolazione e le modalità con cui le esercitazioni hanno determinato il disastro ambientale. Si potrebbero fare studi e produrre documenti che spiegherebbero meglio cosa è accaduto e quali sono, ancora oggi, i rischi che derivano da queste attività.

Inoltre, probabilmente, si svilupperebbe un dibattito pubblico che darebbe maggiori informazioni di quanto accade nei territori limitrofi ai poligoni.
L’obiettivo sembra essere quello di non voler dare alcuna risposta su ciò che accade nei poligoni militari né trovare responsabilità politiche e penali. Per questo motivo chiedono il proscioglimento per tutti i generali dei gravissimi capi di imputazione.

Due pesi e due misure

Secondo la magistratura inquirente tenere i generali sotto processo sarebbe un accanimento inopportuno verso di loro, che dovrebbero sopportare ancora a lungo l’accusa di essere i responsabili del disastro colposo.

Qui la giustizia italiana dimostra di utilizzare due pesi e due misure: mentre per i generali sopra citati si chiede il proscioglimento dalle accuse per disastro ambientale colposo, gli imputati per l’Operazione Lince non hanno ricevuto lo stesso trattamento, ma dovranno sopportare ancora per tanti anni un’assurda accusa di terrorismo. Le più di quaranta persone coinvolte, quasi tutte sotto i quarant’anni, non potranno partecipare a concorsi pubblici, venire assunte nel pubblico impiego, accedere a contributi e finanziamenti in quanto indagate per reati contro lo Stato. Non è questa la sede in cui crediamo di doverci difendere, ma vogliamo solo smascherare, ancora una volta, la bugia che la giustizia è uguale per tutti.

I capi di imputazione dell’operazione Lince sono manifestazione non autorizzata, aver forse divelto delle reti già rotte, resistenza e simili. La somma di tutti questi ha fatto sì che l’accusa principale sia il reato associativo con finalità di sovvertire l’ordine costituito, quindi terrorismo. Rendere, invece, una parte della Sardegna inbonficabile, per lo Stato italiano è un reato che non ha colpevoli e non varrebbe la pena di iniziare il dibattimento.

Il silenzio della politica e la lotta di A Foras

Noi non accettiamo che a farsi carico di questo scempio ambientale debbano essere le prossime generazioni di sardi, costretti a vivere in un’isola sfruttata e deturpata come una colonia.
Esigiamo risposte per tutte le persone, civili o militari, che si sono ammalate o che sono morte; vogliamo giustizia per le loro famiglie; pretendiamo che la nuova giunta regionale prenda posizione, anziché fantasticare di esercitazioni green. Chiediamo la chiusura di tutti i poligoni, la bonifica e la restituzione dei territori occupati e di poter vivere in una terra di pace.

Ci vediamo quindi il 18 luglio alle 9 davanti al Tribunale di Cagliari, per affermare che per noi lo Stato Italiano e il ministero della Difesa sono colpevoli di tutto questo. Aspetteremo tuttə insieme la decisione dei giudici, per gridare ancora che la lotta non si ferma.

SAPPIAMO CHI È STATO Piccoli racconti illustrati verso e oltre il 15 aprile (5)

 

SAPPIAMO CHI E’ STATO
Piccoli racconti illustrati verso e oltre il 15 aprile.

“Ciao sono Efisio anche io come quasi tutti coloro che abitano quest’isola ho conosciuto direttamente le ricadute negative che ha l’occupazione militare sul nostro territorio.

Sono nato e cresciuto a Decimomannu, dove l’aeroporto militare è una presenza che è difficile non notare: ricordo bene le interruzioni dei maestri, ancora alle scuole elementari, quando i caccia tedeschi ci volteggiavano sulla testa, producendo un frastuono assordante. Conosco anche molte famiglie che hanno terreni vicino alla base e so come sono ridotti.

Ma penso che il punto non sia solo questo.

Per quanto mi riguarda non è la sola esperienza che mi ha portato in quei giorni di lotta a schierarmi fuori dalle reti dei poligoni. Altrimenti quasi tutta la popolazione delle zone limitrofe alle basi sarebbe stata li con noi quei giorni, e invece così non è. Per questo mi considero una persona molto fortunata; ho avuto l’opportunità di crearmi una mia coscienza e decidere senza condizionamenti famigliari o lavorativi cosa era giusto per me e per il posto in cui abito.

Non biasimo chi questo privilegio non l’ha avuto e spero di essere un esempio positivo per chi ancora non si è schierato. Per questo ci stiamo presentando al processo fieri di noi stessi e della nostra lotta. Perché sono convinto che non ci sia momento migliore per dimostrare la nostra coerenza e la validità delle nostre idee e chissà magari anche per riprendere forza come movimento e tornare là fuori più numerosi.

Magari insieme a quelli che ancora non hanno scelto da che parte stare.”

EFISIO

(L’autrice di questa serie è Carol Rollo, illustratrice e graphic designer sarda che ringraziamo per aver messo a disposizione la sua bravura)