Il 19 giugno, a Nuoro, migliaia di persone sono scese in piazza, per denunciare il genocidio in atto in Palestina e per rivendicare il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.
Al corteo, promosso dalla recentemente costituita “Assemblea contra a sa gherra”, composta da diverse realtà e individualità attive nel territorio, ci siamo ritrovat* in tant*, esprimendo a gran voce l’opposizione all’occupazione militare in Sardegna, sottolineando il ruolo cruciale della nostra Isola nello scenario bellico internazionale e la necessità di non esserne complici.
Lungo le vie del centro, a questo proposito, abbiamo denunciato la recente scoperta di ordigni inesplosi al largo delle coste ogliastrine, provenienti dal Poligono Interforze del Salto di Quirra, così come i fatti di Decimomannu, esprimendo grande solidarietà al compagno Luca, attualmente agli arresti domiciliari in seguito ai fatti del 10 maggio a Cagliari.
Abbiamo lanciato un chiaro messaggio verso il governo regionale e le amministrazioni locali, tra cui/come la neoletta giunta comunale nuorese, per chiedere, da parte loro, il riconoscimento dell’autodeterminazione del popolo palestinese.
È stata evidenziata l’importanza del boicottaggio, su diversi livelli, dell’entità sionista: in ambito istituzionale e in ambito accademico, con la cessazione della collaborazione con le Università israeliane, gli enti e le imprese dello Stato di Israele, e in ambito individuale, promuovendo la scelta di non acquistare prodotti provenienti dallo stesso paese e, in generale, da aziende che finanziano il genocidio in corso.
Siamo sces* in piazza esprimendo la nostra forte condanna al progetto di riarmo europeo, e alla conseguente narrazione bellicista che imperversa nei media mainstream, e abbiamo esplicitato la nostra indignazione per le politiche repressive portate avanti dal governo Meloni, culminate con l’entrata in vigore del ddl 1660.
In definitiva, questo percorso aperto, alimentato da realtà differenti unite da istanze comuni, ha portato a un primo traguardo, ovvero una manifestazione significativa e realmente partecipata. Auspichiamo che questa grande giornata di piazza possa aprire una nuova stagione di partecipazione, costruzione politica popolare e mobilitazione, in un territorio attraversato da mille problematicità, ma, come dimostrato, con una forte sensibilità verso ciò che accade qui e dall’altra parte del Mediterraneo.
2 Giugno 2025, ore 16 – Piazza Costituzione, Cagliari
2 Giugno, Cagliari
A Foras ritorna in piazza il 2 giugno, per lottare insieme a tutte le persone che vogliono lottare con noi, per cercare di fermare questa rincorsa verso la terza guerra mondiale.
Come ogni anno vediamo in Sardegna le esercitazioni più grandi del mediterraneo e ora è più chiaro a tutti la loro ragione d’essere: devono prepararsi per entrare in guerra.
Per fare questo stanno spendendo tutti i soldi che potrebbero servire per le scuole e gli ospedali, sperperandoli per comprare sempre più armi.
Pensavamo fosse finita per sempre l’epoca delle guerre nel nostro continente, ma invece sta ritornando e saremo noi che dovremmo andare a morire, per fare gli interessi dei padroni europei ed americani.
Per fermare questi macellai, dobbiamo metterci tuttə insieme e dobbiamo fargli capire, che lə sardə hanno già visto cosa vuol dire morire per i padroni italiani: per questo ci troveranno in piazza, ogni volta che proveranno a mandare a morire noi e lə nostrə figliə.
Per tutte queste motivazioni scendiamo in piazza il 2 giugno e speriamo di essere in tantə, perché il pericolo è grande ed è arrivata l’ora di muoverci, per fargli vedere che non ci hanno ancora vinto!
A Foras torrat in pratza su 2 de làmpadas, pro peleare in paris cun totus is chi bolent benner cun nos, pro chircare de firmare custa cursa po intrare in sa tertza gherra mundiale.
Nos, comente ogni annu, bideus in Sardigna is esercitatziones militares prus mannas de su mediterràneu, e como si cumprendet bene pro ite est chi ddas faent: ca si depent preparare totu cantos pro intrare in gherra. Pro faer custu sunt spendende totu su dinare chi diat serbire pro iscolas e ispidales, pro comporare semper prus armas.
Nos pentzaiaus de nch’ esser essios dae su tempus de is gherras in su continente nostru, peroe nche seus torrende a intrare, aus a esser nos chi aus a deper morrer, pro faer is interessos de is meres europeos e americanos.
Pro firmare custos matzellaios, si depeus ponner totus in paris e ddi depeus faer cumprender, ca is sardos ant giai bistu ite bolet narrer a morrer pro is meres continentales e ca como s’ant a agatare in pratza ogni borta chi provant a mandare a morrer a nos e a fìgios nostos.
Pro totu custas cosas calaus in pratza su 2 e speraus ca aus a esser in medas, ca su perìgulu est mannu e est arribada s’ora de si mover e de faer bier ca non s’ant ancora bintu!
Nell’estate 2023 A Foras ha iniziato a studiare la possibilità di un’azione legale contro le esercitazioni militari che da 70 anni si svolgono nella totale illegalità, seguendo l’esempio delle associazioni ambientaliste pugliesi che hanno ottenuto il blocco delle esercitazioni militari svolte in area SIC senza nessuna valutazione di incidenza ambientale.
Abbiamo così presentato due ricorsi al TAR contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e all’avvocato Melis Costa (che si sono fatti carico di firmare il ricorso), e agli avv. Pubusa e Lai che sono intervenuti nel ricorso per conto di A Foras.
I giudici del Tribunale Amministrativo non si sono ancora espressi nel merito delle nostre contestazioni, ma per la prima volta dopo 70 anni l’esercito ha presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada.
Anche grazie alle insistenze dei membri civili del Comipa, l’esercito italiano non può continuare ad operare nella totale illegalità.
A Foras si riserva di presentare delle osservazioni in questo procedimento per la VINCA, dato che la documentazione presentata dall’esercito sembra molto lacunosa, ma ciò che ci interessa sottolineare ora è che il Ministero della Difesa non può più comportarsi come se fosse il padrone assoluto.
Non permetteremo mai più che la nostra terra venga usata come una colonia e combatteremo con ogni mezzo a nostra disposizione per raggiungere i nostri obbiettivi: fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate.
Questa procedura segue quella già attuata per la presunta bonifica della penisola di Capo Teulada.
Anche in quel caso la documentazione portara dall’Esercito presentava numerose lacune e criticità, ma gli uffici regionali hanno rilasciato un parere positivo e ignorato le osservazioni presentate da varie associazioni. Per questo a novembre é stato presentato un ulteriore ricorso al Tar su impulso di Usb Sardegna e Assotziu Consumadoris Sardegna.
L’aula della Corte d’Assise, quella dove si svolgono i processi per omicidio, sequestro di persona e rapina a mano armata. È stato questo lo scenario dove, ieri, si è svolta l’udienza preliminare per i 45 indagati e indagate dell’operazione Lince. Non per ragioni giuridiche, solo cinque persone rischiano di dover affrontare il processo in Corte d’Assise, si tratta delle persone su cui è fatta cadere l’assurda accusa di associazione a delinquere con finalità terroristiche, ma per semplici ragioni logistiche: era l’unica aula abbastanza grande per contenere tutti quegli indagati e indagate.
Bisogna tornare indietro nel tempo, in Sardegna, per trovare un processo di questo tipo. Siamo negli anni Sessanta a Oristano, e centinaia di pescatori di Cabras vengono indagati per rapina e altri reati gravi. Si trattava di una forzatura portata avanti da quegli stessi magistrati che ricevevano in regalo quintali di muggini e vivevano in affitto nelle fastose residenze dei padroni dello stagno, le presunte vittime della presunta rapina che era, in realtà, al massimo una pesca di frodo.
Un processo farsa, che non partirà mai, perché all’epoca a Oristano non c’era nemmeno un teatro dove poter ospitare i circa 300 pescatori indagati. Un processo interamente politico, smontato da un collegio di legali di cui fecero parte nomi del calibro di Umberto Terracina. E i parallelismi sono tanti, con quanto è successo ieri a Cagliari.
Obiettivo di quel processo era criminalizzare e soffocare il nascente movimento dei pescatori liberi, che dopo 30 anni di lotte, scioperi, arresti e persino morti, riuscirà nell’intento di sottrarre lo stagno di Cabras ai suoi padroni feudali e trasformarlo in un bene pubblico. Obiettivo del procedimento legato all’operazione Lince è quello di criminalizzare il movimento sardo contro l’occupazione militare che, tra alti e bassi certamente, gode da decenni di un consenso significativo in seno al popolo sardo.
Oggi come allora le accuse sono slegate dalla realtà e mescolate insieme in un minestrone difficile da digerire anche per gli stomaci più pelosi. «Questi vogliono fare la rivoluzione!» ha detto più o meno l’accusa nella sua requisitoria, durante la quale ha chiesto il rinvio a giudizio di tutte e tutti gli indagati. È un peccato che il processo non sia stato trasmesso in diretta da qualche parte: chi lo avesse seguito si sarebbe reso conto dei suoi caratteri assurdi.
Allora ci furono verbali falsi e un sistema di connivenze all’interno della Oristano bene che vedeva dalla stessa parte della barricata magistrati, carabinieri e padroni dello stagno. Anche oggi l’accusa e le presunte parti lese fanno parte della stessa consorteria: lo Stato. Quello Stato che è il responsabile dell’occupazione militare della Sardegna, quella stessa Procura che chiede l’archiviazione per i cinque generali indagati per il disastro ambientale del poligono di Teulada e della sua penisola Delta.
Ieri il processo vedeva sul banco degli imputati la possibilità di svolgere una legittima attività politica di opposizione all’occupazione militare della nostra terra. Gli imputati e le imputate non sono solo 45, ma sono migliaia se non di più. Alla sbarra c’erano i diecimila di Capo Frasca de 2014, le migliaia scese in piazza negli anni successivi, tutte e tutti quelli che manifesteranno da ora in avanti.
A chiedere la condanna di un intero movimento ci si è messo il vertice stesso dello Stato, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri che si è costituita parte civile ed è pronta a chiedere un cospicuo risarcimento alle 45 indagate e indagati. La goccia di veleno ben custodita nella coda di questo governo Conte bis, che non si differenzia in nulla dai suoi predecessori per quel che riguarda l’occupazione militare della Sardegna come non saranno diversi i suoi successori.
L’udienza è stata aggiornata al 15 aprile, quando ascolteremo le parole della difesa contro la richiesta di rinvio a giudizio. Ma la battaglia non la si vincerà solo dentro l’aula della Corte d’Assise di Cagliari. È un processo politico, e politica dovrà essere la risposta.
Ci vedremo sicuramente il 15 aprile per una nuova manifestazione, contro la repressione e contro l’occupazione militare della Sardegna.
Ogni cosa ha i suoi tempi.
Le lotte, ahinoi, ne hanno diversi e non sempre tutti sfavillanti come vorremmo.
C’è il momento entusiasmante dell’azione, spesso segue quello della dannata repressione ma in compenso arriva la confortante e incoraggiante solidarietà!
Se è importante davanti a delle reti di una base, in mezzo a dei lacrimogeni, o davanti ad antipatici schieramenti blu, diventa ancora più importante quando non si ha davanti niente di tutto questo, bensì la prospettiva di una grigia aula di tribunale.
Questa prospettiva ce l’abbiamo davanti adesso: il 19 e il 27 gennaio (sorveglianze speciali e udienza preliminare operazione lince) molte e molti avranno bisogno di tutta la nostra vicinanza.
La solidarietà ha tante forme, non smettere di lottare è la prima, certo.
Ma in questo momento c’è bisogno anche di dolcezza, calore, allegria e vil pecunia!
Per questo vi invitiamo il 10 gennaio alle ore 15.00 in Piazza San Domenico a Cagliari alla merenda solidale!
Torte, dolcetti, tisane, vin brûlé e giochi per scaldarci i cuori, per prepararci ad affrontare questo freddo e ostile gennaio!
Se non puoi venire, potrai comunque contribuire, facendo un’offerta alla cassa per le spese legali contro le attività militari e indicando nella causale “contributo Operazione Lince”:
IBAN: IT40D3608105138263281063295
Intestataria: Emanuela Falqui
Per ricariche PostePay (da effettuarsi in posta e non nelle ricevitorie):
Numero carta: 5333 1711 2593 7447 Assemblea Indagati e solidali
Merenda solidale: operazione lince
10 gennaio 2021, ore 15.00, Piazza San Domenico – Cagliari
Il 20 dicembre 2020 alle ore 16:30 a Foras, movimento contro l’occupazione militare della Sardegna, convoca in piazza Quirra a Cagliari una fiaccolata in solidarietà con dottoresse, medici, infermier*, operatori socio sanitari che in quest’anno difficile hanno lottato e tuttora lottano contro la pandemia in una situazione di carenza cronica di mezzi e strutture.
La campagna “Più ospedali meno militari”, partita ad aprile di quest’anno, ha evidenziato le contraddizioni più evidenti di uno Stato che per decenni ha investito nell’economia militare, ha offerto spazi, territori e infrastrutture alla macchina bellica, a discapito del settore sanitario pubblico. I disinvestimenti hanno inevitabilmente causato la chiusura di una serie di presidi sanitari locali, reparti e minato il diritto alla salute di sardi e sarde.
Questo presidio vuole dare spazio alle centinaia di persone provenienti da tutta la società civile sarda, operat* sanitari* compres*, che hanno contribuito a più riprese alla buona riuscita di questa campagna.
Dalla manifestazione di Capo Frasca contro le esercitazioni militari fino alla partecipazione alle attività di aiuto e sostegno alla comunità di Bitti colpita dall’alluvione, A Foras ritorna nelle strade sarde per chiudere un anno di mobilitazioni, in vista delle sfide del 2021.
A Gennaio ci saranno due udienze importanti nel quale militanti che si sono battut* generosamente, per la nostra terra e contro le basi militari, si troveranno a difendersi da accuse gravissime al quale tutto il popolo sardo dovrà rispondere con vicinanza e complicità.
Per questo motivo vi invitiamo a partecipare in massa con fiaccole, striscioni e interventi a questo presidio. Al termine dello stesso alcun* si recheranno di fronte all’ospedale Santissima Trinità per omaggiare con uno striscione lavoratori e lavoratrici del presidio sanitario e affermare per l’ennesima volta la nostre richieste:
• Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
• Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
• Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda.
A Foras intende continuare ad essere un luogo di confronto e dare spazio al dibattito sulle problematiche sociali che sono in qualche modo legate all’occupazione militare della nostra terra. Per questo vi invitiamo a condividere con noi le vostre esperienze e le vostre sensazioni maturate durante l’attività di volontari e volontarie.
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“Oggi sono stato a Bitti e ci sarò anche domani insieme a compagni e compagne del Mutuo Soccorso Casteddu e di A Foras provenienti da diverse parti del territorio sardo.
Per fortuna, in modo puramente casuale, siamo finit* lontano dal centro, lontano dai riflettori e dalle stellette che hanno occupato lo spazio dei selfie e dei post degli italiani di Sardegna.
Siamo finit* nell’officina di un fabbro e di suo figlio infermiere, abbiamo spalato braccio a braccio per dieci ore e condiviso quel poco che in questo momento ci scalda il cuore, un bicchiere di vino, due sigarette, una canzone.
Abbiamo parlato della “calamità” di una politica lontana e di quanto sia paradossale che i mezzi militari che agiscono a Bitti surclassino di gran lunga qualsiasi mezzo dei vigili del fuoco, della protezione civile, degli enti forestali.
Sarà un puro caso, io a Bitti non ci sono mai stato, ma pare che a culo e con un occhio superficiale, questo endorsement verso la brigata Sassari e i cacciatori di Sardegna non sia proprio una cosa da dare per scontata.
Qui si parla di investimenti per la messa in sicurezza del territorio, sulla sanità e si esalta, pure in tempo di covid, una solidarietà dal basso proveniente da tutte le parti della Sardegna.
Ho rischiato le lacrime prima dal fabbro e tutta la cricca di giovani bitzichesos, poi dal macellaio, al market e nello tzilleri quando pareva che fossimo del paese dalla nascita.
In piazza ho visto l’ennesima operazione di una società per azioni che vende la sua immagine per legittimarsi davanti alla popolazione. Ho visto questa impresa mostrare la sua forza davanti a corpi civili che girano con land rover e defender degli anni ’80; oggi uno di questi mezzi dei vigili del fuoco è rimasto vittima di una voragine creatasi nel manto stradale al suo passaggio.
Oggi l’esercito ha mostrato i suoi denti e i suoi mezzi pesanti per l ennesima operazione di marketing, mostrando un bel portfolio, davanti a 60 e passa anni di devastazione del nostro territorio, recintato ed espropriato.
Oggi penso che i figli di questa terra morti per malattia a causa di guerre ed esercitazioni meritino giustizia, davanti a un ricatto del lavoro che ha portato tanti ragazzi della mia classe nelle scuole, o che giocavano a calcio con me, a scegliere l’arma.
Oggi penso che l esercito sia una nocività per la nostra terra, non abbia alcun diritto di occupare le terre espropriate, non debba ricevere alcun finanziamento dal ministero dello sviluppo economico, dal ministero dell’istruzione, dalle autonomie locali o dalle regioni.
Oggi è stata una giornata fantastica, purtroppo alla fine mi sono scordato quanto un paese possa essere militarizzato, anche a causa della presenza dei soldati, sono stato fermato senza motivo per più di mezz’ora nel mentre che chiacchieravo con le persone del paese. Mi sono trovato in una situazione di imbarazzo totale al quale i paesani non sapevano come rapportarsi e nel quale chi mi ha fermato ha, in maniera ambigua, portato avanti una condotta abusante per troppo tempo.
Oggi e domani sono ancora qui, fiero che dentro a foras, che è l’unico movimento attivo che lotta contro le basi militari, ci sia un dibattito sul ruolo dei militari nella nostra terra.
Domenica 6 ci sarà l’assemblea generale, probabilmente questo dibattito non sarà all’ordine del giorno, ma l’organizzazione, l’ attivismo e la lotta per una Sardegna migliore e libera sarà sempre il primo punto.
Stop esercitazioni: i soldi risparmiati vadano alla sanità pubblica!
A distanza di pochi mesi dalla prima ondata della pandemia da Covid-19 la sanità sarda è sprofondata in un abisso di disorganizzazione e mancanza di risorse, tenuta in piedi solo dalla buona volontà degli operatori sanitari. Le nefaste conseguenze della seconda ondata si ripercuotono su tutti i cittadini e le cittadine sardi a causa, soprattutto, della miopia delle istituzioni politiche regionali e statali.
Eppure, fin dal primo ottobre tutte le basi militari italiane in Sardegna hanno ripreso a ospitare esercitazioni a fuoco a cadenza quasi quotidiana, con uno sperpero di milioni e milioni di euro. A questo quadro si aggiunge la scelta del governo, nelle bozze sull’utilizzo del Recovery Fund, di spendere ben 30 miliardi nel settore della Difesa.
Come movimento che si oppone all’occupazione militare della Sardegna, A Foras non può chiudere gli occhi di fronte a questa situazione disastrosa.
Per questo abbiamo deciso di riunirci venerdì 20 ottobre alle 15 davanti all’ingresso della base di Capo Frasca, nel pieno rispetto di tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza dei partecipanti da eventuali contagi, per discutere e ribadire le richieste che già avevamo avanzato la scorsa primavera:
• Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
• Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
• Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda.
È una questione di priorità: non è possibile continuare ad assistere allo sperpero dei nostri soldi in progetti che contribuiscono alla depressione economica delle comunità a cui apparteniamo e alla devastazione della terra in cui abitiamo, mentre la sanità viene costantemente depotenziata da anni, con i risultati evidenti sotto gli occhi di tutti.
Giovedì 19 novembre 2020 ore 15:00 davanti al Poligono di Capo Frasca – Sant’Antonio di Santadi
SIT-IN di solidarietà a Bakis Beks, venerdì 11 settembre ore 18:30, piazza Vittorio Emanuele Nuoro.
Passione civile e talento sono tratti che hanno fatto risaltare sulla scena rap un artista come Bakis Beks, che da tempo mostra sui palchi la creatività e il coraggio di esprimere, attraverso la forma d’arte che sente più vicina, la propria opinione e il proprio pensiero.
Anche per questo motivo ha destato un coro di indignazione, specialmente nella comunità nuorese, la notizia che Bakis insieme ad altri giovani siano stati colpiti da un inqualificabile atto repressivo, con un decreto penale di condanna che li ha raggiunti a seguito di un concerto rap.
Le forze repressive hanno ritenuto di incriminare le parole di una canzone in cui Bakis ha cantato tutta la sua contrarietà alla presenza dei poligoni militari in Sardegna: “non c’è tempo per mediazioni – indennizzi – conciliazioni – questo è un messaggio ai coloni – basta, fuori dai coglioni!”.
Ad essere incriminata è anche la coreografia che accompagna il testo musicale ovvero “il dito medio”, comune espressione di denuncia degli artisti rap.
A detta degli inquirenti che erano presenti al concerto l’8 settembre 2018 a Nuoro, quelle parole e quella coreografia sarebbero state espresse oltraggiosamente contro di loro.
Tra qualche mese per il cantante ed alcuni fan si aprirà un processo presso il Tribunale di Nuoro, nel quale verrà messa in discussione la libertà di espressione e la libertà dell’arte.
Il rap non è mai stato un genere musicale “politicamente corretto” e del resto la libertà di opinione è un diritto particolarmente sentito in una terra come la nostra, che soffre profondamente il ruolo subalterno che le viene assegnato come una condanna inesorabile, in nome di potenti interessi economici esterni.
Mettere il bavaglio all’arte è un atto riprovevole che abbiamo il dovere di contrastare se vogliamo intraprendere la strada del progresso e della costruzione di una società consapevole.
Per denunciare quanto è accaduto l’Associazione Libertade, A Foras Barbagia-Baronia e lo Spazio Antifascista di Nuoro, indicono un sit-in in piazza Vittorio Emanuele venerdì 11 settembre alle 18:30, invitando tutti i cittadini e gli artisti sardi a partecipare portando la loro vicinanza a tutti i giovani che sono coinvolti in questa vicenda.
Campagna “Più ospedali meno militari / Dotores pro curare EJA, Cannones pro gherrare NONO”
A Foras: «È tempo di scegliere. Lanciamo una campagna per ottenere la moratoria delle esercitazioni e lo stop al finanziamento regionale e statale dei progetti legati all’industria bellica. I soldi risparmiati vengano reinvestiti nella sanità pubblica»
L’emergenza sanitaria che ci ritroviamo ad affrontare, ha fatto emergere con grande forza i problemi di una sanità pubblica sempre più abbandonata a se stessa e alla buona volontà degli operatori sanitari. Siamo costretti in casa, e ci restiamo perché bisogna impedire la diffusione del contagio. Ma non per questo siamo disposti a tacere, a spegnere il desiderio di libertà e di decidere sulle nostre vite e sul futuro della nostra terra.
Nel mentre che gli aerei si accingono a sorvolare sui poligoni di Quirra e Capo Frasca nonostante la pandemia, il nostro obiettivo resta sempre quello di liberare la Sardegna dall’occupazione militare italiana, e – non appena le condizioni sanitarie ce le consentiranno – saremo pronti a tornare nelle strade per ribadire le nostre parole d’ordine. Sul momento, però, pretendiamo realismo dalle istituzioni politiche sarde e italiane. È arrivato il momento di fare delle scelte, perché la Sardegna sia in grado di affrontare al meglio una crisi sanitaria che potrebbe prolungarsi parecchio nel tempo.
• Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
• Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
• Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda.
È una questione di priorità: non è possibile continuare ad assistere allo sperpero dei nostri soldi in progetti che contribuiscono alla depressione economica delle comunità a cui apparteniamo e alla devastazione della terra in cui abitiamo, mentre la sanità viene costantemente depotenziata da anni, con i risultati evidenti sotto gli occhi di tutti.
Tra il 2010 e il 2019, segnala l’Osservatorio Gimbe, il finanziamento pubblico alla sanità è stato decurtato di oltre 37 miliardi. Negli stessi anni, abbiamo, visto che le spese militari si attestano su 26 miliardi all’anno, senza contare il miliardo e mezzo che elargisce il Ministero delle finanze “missioni di pace”, i soldi che invese il MISE per le industrie belliche italiane e il Ministero dell’Istruzione per la ricerca militare.
Eppure la NATO continua a chiedere di aumentare queste spese, che dovrebbero passare secondo gli auspici dell’Alleanza Atlantica dall’1,6 % al 2 % del PIL. Tutto questo, mentre emerge senza più paraventi, l’incredibile fragilità e necessità di soldi di un sistema sanitario allo sfascio.
Un dato per tutti: nel 1981 c’erano, negli ospedali sardi, 62 posti letto ogni 10 mila abitanti. Oggi, il rapporto si è quasi dimezzato e ce ne sono circa 35. Il 14,6% dei sardi che ne avrebbe necessità, rinuncia alle cure e il 6 % è costretto ad emigrare in altre regioni per svolgere la propria terapia. Uno scenario incredibile, tragico, con interi ospedali che chiudono e reparti che vengono dismessi in tantissimi centri dell’isola.
Nel mentre, si spendono miliardi di fondi pubblici per foraggiare l’apparato bellico. Pensiamo al progetto Caserme Verdi, che vale un miliardo e mezzo a livello italiano, è che riguarderà, in Sardegna, le caserme dell’esercito a Cagliari. Pensiamo al nuovo impianto di test per motori missilistici che sarà costruito a Quirra, per una spesa impressionante di 33 milioni di euro, probabilmente destinati a salire. Pensiamo, all’inestricabile tela di interessi incrociati, che ha portato la politica sarda e italiana, quasi senza eccezioni, ad appoggiare la costruzione del Mater Olbia, ospedale privato che sarà finanziato 142 milioni di euro pubblici nel trienno ’19-21, per stringere ancora di più le maglie dell’alleanza tra Italia e Qatar, paese che – ricordiamo – non brilla certo come un faro del rispetto dei diritti umani.
Per questo invitiamo tutti i cittadini e le diverse realtà politiche a fare proprie le richieste di stop alle esercitazioni militari, taglio alla spesa bellica e reinvestimento di essa nella sanità pubblica, in ogni modo, luogo e possibilità, con le forme che ritengano opportune,
Da lunedì 13 aprile, il movimento sardo contro l’occupazione militare, chiama a raccolta tutte e tutti i cittadini che hanno a cuore le sorti della nostra terra, le organizzazioni, le associazioni che lottano per la sanità pubblica, i collettivi e i singoli che vogliono fermare questa vergognosa deriva, ad essere parte integrante della campagna “Più ospedali meno militari / Dotores pro curare EJA, Cannones pro gherrare NONO”.
Partecipare è semplice:
1. Esponi sul tuo bancone o sulle finestre di casa, sulla macchina uno striscione o un cartello con scritto PIU’ OSPEDALI MENO MILITARI, disegni o altri hashtag a tua scelta.
2. Scrivitelo sul corpo o sulla tua mascherina. Non possiamo usare i nostri corpi per manifestare, bloccare i convogli militari o volantinare, ma possiamo scriverci! Testa, gambe, gomiti o polpacci decidi tu dove, ricorda PIU’ OSPEDALI MENO MILITARI.
3. Attivati sui social. abbiamo preparato un motive per l’immagine del profilo che puoi aggiungere alla tua foto, puoi condividere le impact images, le infografiche o cambiare l’immagine di copertina del tuo profilo. Tutto il materiale sarà disponibile sul sito www.aforas.noblogs.org
4. Scarica il volantino, il manifesto, l’adesivo o l’infografica sul sito di A Foras, stampa e attaccalo nei luoghi che puoi frequentare durante la quarantena: market, farmacie, tabacchini, uffici. Tutto il materiale sarà disponibile sul sito www.aforas.noblogs.org
Si tratta di piccoli gesti, quelli che possiamo fare durante la quarantena. Ma sono cose importanti per continuare a sentirci vive e vivi, aspettando di rincontrarci e riscoprirci ancora pieni di amore per la nostra terra.