PIAZZA RUMOROSA, PREFETTURA MUTA

SASSARI – 22 SETTEMBRE 2025 – SCIOPERO GENERALE

Oltre 3 mila persone hanno fatto sentire la propria voce a Sassari, in occasione dello sciopero generale per la Palestina.

In una Piazza d’Italia gremita fin da prima delle 10:30, orario della chiamata, si sono susseguiti numerosi interventi, uniti tutti dalla richiesta al Governo italiano di interrompere i rapporti commerciali ed economici con l’entità sionista israeliana.

In particolare si è denunciato il ruolo della Sardegna nel genocidio: dalla presenza dell’IDF nelle proprie basi militari, alla cooperazione tra università sarde e israeliane fino alle ingenti commesse della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas.

A tutto ciò si è recentemente aggiunta la repressione, sotto forma di fogli di via da Olbia, nei confronti dellə militanti che hanno protestato contro i turisti sionisti in Gallura.

Al termine della mattinata le numerose persone ancora presenti in piazza si sono riversate all’ingresso della Prefettura di Sassari, con l’obiettivo di consegnare una lettera, firmata da oltre 30 sigle presenti allo sciopero, alla Prefetta di Sassari.

La lettera conteneva le seguenti rivendicazioni:

• CHIEDIAMO CHE L’ITALIA CESSI OGNI RELAZIONE DIPLOMATICA, COMMERCIALE E MILITARE CON ISRAELE.

• CHIEDIAMO CHE SI APPRONTINO SANZIONI ECONOMICHE CONTRO ISRAELE, IN PARTICOLARE CHE CESSI IL COMMERCIO DI ARMI E LE PARTNERSHIP UNIVERSITARIE, INDUSTRIALI E MILITARI, COMPRESE QUELLE CHE AVVENGONO NELLE BASI MILITARI SARDE.

• CHIEDIAMO CHE IL DDL 1004 VENGA UFFICIALMENTE BOCCIATO ESSENDO UN PROVVEDIMENTO REPRESSIVO UTILE A INTERROMPERE QUALSIASI MANIFESTAZIONE A SOSTEGNO DEL POPOLO PALESTINESE

Per le ultime tre richieste è stato chiesto alla Prefetta un pronunciamento pubblico, essendo questioni strettamente legate a tematiche locali:

• CHIEDIAMO DEI CHIARIMENTI CIRCA LA PRESENZA E LE ATTIVITÀ SVOLTE DALL’IDF NEGLI ULTIMI MESI IN SARDEGNA, IN PARTICOLARE NELLA BASE MILITARE DI DECIMOMANNU.

• CHIEDIAMO CHIARIMENTI SULLA PRESENZA DELL’INTELLIGENCE ISRAELIANA IN SARDEGNA E DI EVENTUALI RAPPORTI CON LE FORZE DI POLIZIA LOCALE.

• CHIEDIAMO CHE LA QUESTURA DI SASSARI REVOCHI I PROVVEDIMENTI DEI FOGLI DI VIA AI MANIFESTANTI CONTRO I TURISTI SIONISTI, PUNITI PER AVER PALESATO IL PROPRIO DISSENSO IN MANIERA PACIFICA.

Le risposte sono state di un silenzio assordante, nascosto dietro “non so”, “non posso rispondere” e “non è un’informazione di mia competenza”.

Anche questi silenzi comunicano qualcosa: ovvero la volontà di Prefetto e Governo di tenere nascoste le attività militari e dei servizi segreti israeliani in Sardegna.

Evidentemente questi sono più importanti del Popolo Sardo.

Sulla rimozione del provvedimento repressivo dei fogli di via: l’unica risposta che ci è stata data è “analizzerò gli atti – il ricorso e il provvedimento – e prenderò una decisione”.

Contiamo che questa decisione sarà presa al più presto possibile, e, come abbiamo comunicato alla Prefetta, continueremo a mantenere alta l’attenzione sul tema.

LA MOBILITAZIONE NON CESSERÀ, VOGLIAMO RISPOSTE, E LE AVREMO!

TENIAMO ALTA LA MOBILITAZIONE

FUORI I SIONISTI DALLA SARDEGNA

NO ALLA COMPLICITA DELLO STATO ITALIANO

REVOCA COLLETTIVA DEI FOGLI DI VIA

STOP AL TURISMO SIONISTA E STOP AL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE.

NÙGORO IN PRATZA PRO SA PALESTINA

Il 19 giugno, a Nuoro, migliaia di persone sono scese in piazza, per denunciare il genocidio in atto in Palestina e per rivendicare il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.

Al corteo, promosso dalla recentemente costituita “Assemblea contra a sa gherra”, composta da diverse realtà e individualità attive nel territorio, ci siamo ritrovat* in tant*, esprimendo a gran voce l’opposizione all’occupazione militare in Sardegna, sottolineando il ruolo cruciale della nostra Isola nello scenario bellico internazionale e la necessità di non esserne complici.

Lungo le vie del centro, a questo proposito, abbiamo denunciato la recente scoperta di ordigni inesplosi al largo delle coste ogliastrine, provenienti dal Poligono Interforze del Salto di Quirra, così come i fatti di Decimomannu, esprimendo grande solidarietà‌ al compagno Luca, attualmente agli arresti domiciliari in seguito ai fatti del 10 maggio a Cagliari.

Abbiamo lanciato un chiaro messaggio verso il governo regionale e le amministrazioni locali, tra cui/come la neoletta giunta comunale nuorese, per chiedere, da parte loro, il riconoscimento dell’autodeterminazione del popolo palestinese.

È stata evidenziata l’importanza del boicottaggio, su diversi livelli, dell’entità sionista: in ambito istituzionale e in ambito accademico, con la cessazione della collaborazione con le Università‌ israeliane, gli enti e le imprese dello Stato di Israele, e in ambito individuale, promuovendo la scelta di non acquistare prodotti provenienti dallo stesso paese e, in generale, da aziende che finanziano il genocidio in corso.

Siamo sces* in piazza esprimendo la nostra forte condanna al progetto di riarmo europeo, e alla conseguente narrazione bellicista che imperversa nei media mainstream, e abbiamo esplicitato la nostra indignazione per le politiche repressive portate avanti dal governo Meloni, culminate con l’entrata in vigore del ddl 1660.

In definitiva, questo percorso aperto, alimentato da realtà differenti unite da istanze comuni, ha portato a un primo traguardo, ovvero una manifestazione significativa e realmente partecipata. Auspichiamo che questa grande giornata di piazza possa aprire una nuova stagione di partecipazione, costruzione politica popolare e mobilitazione, in un territorio attraversato da mille problematicità, ma, come dimostrato, con una forte sensibilità verso ciò che accade qui e dall’altra parte del Mediterraneo.

#aforas

QUANTO COSTA LA GUERRA?

L’altro ieri, a quasi 20 giorni dalla conclusione dell’esercitazione interforze Joint Stars 2025, è stata resa pubblica dai giornali sardi la presenza di due ordigni inesplosi nelle acque fronte ai territori occupati dal Poligono Interforze del Salto di Quirra. La notizia proviene da due ordinanze della Capitaneria di porto di Arbatax, pubblicate rispettivamente il 30 maggio e il 3 giugno che fanno riferimento alla presenza di due missili a carica esplosiva, lanciati durante l’esercitazione Joints Star. Si tratterebbe di un STINGER e un ASTER30, rispettivamente a 100 e 600 metri di profondità, di cui il primo in linea con la spiaggia di Murtas, anche se distante dalla riva, e il secondo più al largo, secondo quanto comunicato nelle due ordinanze.

Il secondo di questi, l’ASTER30, come viene riportato dai giornali, appartiene al sistema di missili SampT, fornito dall’Europa all’Ucraina. Di fabbricazione italo-francese (Eurosam) ha un costo di 2.000.000 di euro per missile ed è stato recentemente oggetto di acquisto – si parla di circa 220 unità –, da parte di Regno Unito, Francia e Italia, nell’ambito del programma ReArm Europe, per un totale, stimiamo, di circa 440.000.000 di euro. Se 440.000.000 di euro ci sembrano molti, quanti sono gli 800 miliardi che l’Europa ha richiesto per il suo programma bellicista?

I costi della guerra sono tanti; in primis nei luoghi in cui la guerra viene importata, foraggiando l’industria bellica con le violenze compiute su corpi e territori.

A seguire nei luoghi dove lo Stato preferisce investire in armamenti più che in sanità, in armi più che nell’istruzione, dove la terra che poteva essere coltivata è resa incalpestabile a causa delle sperimentazioni, dove natura e ecosistemi, vita umana e non, diventano sacrificabili per il solo motivo di poter garantire la riproduzione di un sistema che da cinquecento anni opprime, sfrutta, violenta e uccide in tutto il mondo.

E così degli ordigni inesplosi nel nostro mare risultano solo un piccolo danno collaterale, non degno di essere reso noto.

Per lo Stato italiano la nostra salute e la nostra sicurezza, nostre e dei nostri territori, sono da sempre un piccolo danno collaterale, anche esso non degno di essere noto.

Vorrebbero una Sardegna vuota, alcun* già pensano sia così.

Ma si sbagliano.

Ci vediamo domani, 19 giugno, a Nuoro, ore 18, fronte Stazione dei treni.

In Pratza pro sa Palestina.

Per la Palestina, contro il genocidio, e contro la guerra.

Uniti e solidali a tutt* “i piccoli danni collaterali” del mondo.

CONTRO LA REPUBBLICA AFFONDATA SUL RIARMO

2 Giugno 2025, ore 16 – Piazza Costituzione, Cagliari

2 Giugno, Cagliari

A Foras ritorna in piazza il 2 giugno, per lottare insieme a tutte le persone che vogliono lottare con noi, per cercare di fermare questa rincorsa verso la terza guerra mondiale.

Come ogni anno vediamo in Sardegna le esercitazioni più grandi del mediterraneo e ora è più chiaro a tutti la loro ragione d’essere: devono prepararsi per entrare in guerra.

Per fare questo stanno spendendo tutti i soldi che potrebbero servire per le scuole e gli ospedali, sperperandoli per comprare sempre più armi.

Pensavamo fosse finita per sempre l’epoca delle guerre nel nostro continente, ma invece sta ritornando e saremo noi che dovremmo andare a morire, per fare gli interessi dei padroni europei ed americani.

Per fermare questi macellai, dobbiamo metterci tuttə insieme e dobbiamo fargli capire, che lə sardə hanno già visto cosa vuol dire morire per i padroni italiani: per questo ci troveranno in piazza, ogni volta che proveranno a mandare a morire noi e lə nostrə figliə.

Per tutte queste motivazioni scendiamo in piazza il 2 giugno e speriamo di essere in tantə, perché il pericolo è grande ed è arrivata l’ora di muoverci, per fargli vedere che non ci hanno ancora vinto!

Grafica: ERRE PUSH

2 de Làmpadas, Casteddu

A Foras torrat in pratza su 2 de làmpadas, pro peleare in paris cun totus is chi bolent benner cun nos, pro chircare de firmare custa cursa po intrare in sa tertza gherra mundiale.

Nos, comente ogni annu, bideus in Sardigna is esercitatziones militares prus mannas de su mediterràneu, e como si cumprendet bene pro ite est chi ddas faent: ca si depent preparare totu cantos pro intrare in gherra. Pro faer custu sunt spendende totu su dinare chi diat serbire pro iscolas e ispidales, pro comporare semper prus armas.

Nos pentzaiaus de nch’ esser essios dae su tempus de is gherras in su continente nostru, peroe nche seus torrende a intrare, aus a esser nos chi aus a deper morrer, pro faer is interessos de is meres europeos e americanos.

Pro firmare custos matzellaios, si depeus ponner totus in paris e ddi depeus faer cumprender, ca is sardos ant giai bistu ite bolet narrer a morrer pro is meres continentales e ca como s’ant a agatare in pratza ogni borta chi provant a mandare a morrer a nos e a fìgios nostos.

Pro totu custas cosas calaus in pratza su 2 e speraus ca aus a esser in medas, ca su perìgulu est mannu e est arribada s’ora de si mover e de faer bier ca non s’ant ancora bintu!

Propaganda becera, riarmo e smantellamento della sanità pubblica

Anche quest’anno, come tutti gli anni ormai da decenni, la Sardegna è stata oggetto della consueta violenza e distruzione militare. Con i soliti nomi insulsi come “Mare Aperto” e “Joint Stars”, il territorio sardo veniva messo un’altra volta sotto assedio, per consentire agli eserciti di mezzo mondo la preparazione per gli attuali e i prossimi massacri di innocenti.

Quest’anno, oltre al danno continuo che le esercitazioni militari infliggono all’ambiente, alla salute, all’economia, alla dignità dellə sardə e della Sardegna, dobbiamo aggiungere la beffa di una serie di “iniziative benefiche” connesse. Una operazione propagandistica becera e di infimo livello, che mette assieme autorità militari, aziende e autorità politiche della Regione Sardegna.

Il messaggio è chiarissimo: mentre la Sardegna viene strangolata da una serie di tagli ai servizi pubblici sempre più asfissianti, con la distruzione del diritto alla salute, all’istruzione, ad una vita civile e serena nei tanti paesi del territorio sardo, dovremmo essere gratə all’esercito che ci degna dell’elemosina di due giorni di screening sanitari gratuiti sulla sua nuova, costosissima nave ammiraglia.

Mentre i soldi per i servizi pubblici spariscono per trasformarsi in armi come la nave Trieste, i nostri diritti spariscono per trasformarsi in gentili concessioni delle Forze Armate.

Non solo. È ancora più agghiacciante costatare come questa operazione, rivolta allə bambinə, avvenga proprio mentre il governo italiano sostiene in maniera convinta il genocidio del popolo palestinese a Gaza, dove il conto ufficiale dellə bambinə uccisə supera i 15.000, mentre sono più di 500.000 quellə sfollatə.
Tra i soldi che stanno venendo tolti per le nostre cure, ci sono i 155 milioni di euro di armi israeliane importate in Italia (pari al 20% del totale) per il solo 2024. C’è, insomma, il finanziamento diretto che l’Italia dà al genocidio del popolo palestinese attraverso le forniture per le proprie forze armate.

Non può sfuggire l’orribile ipocrisia di chi da una parte compra e usa sistemi d’arma sviluppati da un esercito genocida, che non si fa problemi a sterminare decine di migliaia di bambinə palestinesi a Gaza, e dall’altra viene da noi a farsi bello con due giorni di screening gratuiti per lə nostrə bambinə.

Di fronte a queste gravi violazioni dei diritti, la risposta può essere solo una: unirsi. È lo Stato stesso a negare diritti per alimentare la macchina bellica e sostenere il genocidio palestinese. Il prezzo dell’orrore che succede in Palestina lo pagheremo anche noi, se non reagiamo immediatamente e con forza, a fermare il meccanismo stritolatore della logica bellica, suprematista, imperialista, il nuovo nazifascismo che torna sempre più forte e convinto.
Siamo tuttə responsabilə. E tuttə possiamo scegliere da che parte stare.

Il 10 maggio, diciamo NO a questo sistema di morte, ai suoi danni e alle beffe che ci propone con la sua propaganda becera.
Rivendichiamo il diritto alla vita e alla terra del popolo palestinese. Rivendichiamo il nostro diritto alla salute. Rivendichiamo la nostra terra. Rivendichiamo un uso umano dei fondi pubblici, per tutelare i diritti e non preparare gli stermini di innocenti.
Quei fondi devono servire per creare centri sanitari stabili e duraturi, non per operazioni di facciata a bordo delle navi militari, fatte per coprire la violenza dell’occupazione militare in terra sarda e del genocidio in terra palestinese.

OLTRE L’EMERGENZA, LOTTARE CONTRO LE BASI SIGNIFICA COSTRUIRE LA PACE

APPUNTAMENTO IL 25 GENNAIO ALLE 15:30 SOTTO IL PALAZZO DELLA REGIONE, IN PIAZZA TRENTO, CONTRO LE BASI E CONTRO LA GUERRA.

Lo scenario geopolitico internazionale è in continua mutazione, e il quadro di emergenza che si era delineato nelle prime settimane di gennaio sembra stia lasciando spazio alla situazione di conflitto latente e strisciante a cui siamo abituati da anni. Sembra, perché la verità è che la guerra è in corso da tempo, è una guerra per procura e nel territorio di paesi terzi, una guerra mai dichiarata, della quale anche in Sardegna siamo complici e, allo stesso tempo, paghiamo le conseguenze.

Ne siamo complici, perché non lottiamo come dovremmo contro l’occupazione militare della nostra terra. Un’occupazione militare che ha sicuramente un ruolo importante nella strategia di destabilizzazione del Vicino Oriente e dell’Africa settentrionale portata avanti dalla NATO. Sappiamo con certezza che la base aeronautica di Decimomannu ebbe un ruolo nell’attacco alla Libia che ha precipitato il paese mediterraneo nel caos attuale, segnando drammaticamente le vite di milioni di civili libici e di centinaia di migliaia di migranti, oggi reclusi nei campi di concentramento del paese nordafricano. E se quest’anno la NATO terrà la sua maxi-esercitazione sul confine orientale, non dobbiamo dimenticare che, qualche anno fa, fu il Mediterraneo ad essere al centro della più grande esercitazione NATO dalla fine della Guerra Fredda, con la Sardegna come uno dei baricentri principali. Era il 2015 e il movimento sardo contro l’occupazione militare fermò la Trident Juncture, mettendo sotto scacco per un giorno l’Alleanza Atlantica.

Ne siamo complici perché consentiamo che qui si costruiscano bombe destinate agli eserciti che devastano territori e popolazioni civile nella Penisola Arabica. Pensiamo alla RWM di Domusnovas, che vende bombe all’Arabia Saudita. Bombe poi impiegate contro la popolazione dello Yemen, come dimostrato da inchieste giornalistiche e ricerche di Ong. Quella fabbrica, e lo sappiamo grazie al grande lavoro dei comitati che lottano contro di essa, ha dei grossi progetti di espansione. Quegli stessi comitati stanno provando a fermarli attraverso un ricorso al TAR ed è dovere di tutti coloro che lottano contro l’occupazione militare della Sardegna affiancarli e sostenerli, denunciando l’esistenza di un sistema globale, una piovra industrial-militare che occupa la Sardegna tra poligoni e fabbriche di morte.

Oltre che complici, siamo anche vittime di questa occupazione militare. Lo sanno bene i parenti e gli amici di chi è morto a causa dell’inquinamento portato dalle basi, lo sa bene chi ha perso il proprio lavoro o vive in zone economicamente depresse e spopolate a causa dell’ingombrante presenza militare. Siamo anche un obiettivo militare sensibile, è impossibile pensare che la Sardegna, con tutte le installazioni militari presenti sul suo territorio, non sia segnata con un bel cerchio rosso nelle mappe delle stanze dei bottoni delle potenze mondiali.

L’apparenza inganna, insomma, e nonostante sembri che l’emergenza internazionale sia finita per lasciare spazio alla normalità, non dobbiamo fare passi indietro. È proprio quella normalità quella contro cui dobbiamo lottare, ribadendo con forza il nostro impegno:

PER LA LIBERAZIONE DELLA SARDEGNA DALL’OCCUPAZIONE MILITARE ITALIANA E NATO

PER LA SOLIDARIETA’ CON LE POPOLAZIONI AGGREDITE

PER LO STOP IMMEDIATO DELLE OPERAZIONI MILITARI DEI MEMBRI NATO

PER IL RITIRO DELLE TRUPPE ITALIANE DAGLI SCENARI DI GUERRA

PER LA RICONVERSIONE DELLA SPESA MILITARE IN SPESA SOCIALE

A FORAS IS BASIS DE SA SARDIGNA

NESSUNA BASE PER LE VOSTRE GUERRE

Queste parole d’ordine guideranno la manifestazione di sabato 25 gennaio. L’appuntamento è alle 15:30 sotto il Palazzo della Regione, in Piazza Trento a Cagliari.

L'immagine può contenere: testo

 

Corteo contro la guerra e le basi militari – Cagliari 25 gennaio 2020

Appello ad una mobilitazione contro la guerra e per l’indisponibilità delle basi sarde.

Nella settimana successiva all’attacco criminale degli Stati Uniti in territorio iracheno contro il generale dell’esercito iraniano Soleimani, sarde e sardi provenienti da diversi territori si sono incontrati a Nuoro, Sassari e Cagliari in affollate e partecipate assemblee per discutere della preoccupante situazione nel contesto medio orientale e del coinvolgimento dei propri territori nelle manovre di guerra.

Le operazioni di queste settimane mettono definitivamente la parola fine al tanto decantato multilateralismo portato avanti dalla NATO. In questo scenario di guerra totale le vittime sono le popolazioni civili che da decenni ormai subiscono le conseguenze delle mire espansionistiche economiche e territoriali delle grandi potenze che ne fanno parte.

All’interno di questa situazione, in cui emergono chiaramente alcuni attori (Turchia e Stati Uniti), anche lo Stato italiano, per quanto voglia apparire neutrale ed equidistante, ha grandi interessi da difendere. Non è un mistero infatti che lo Stato italiano mantenga fruttuosi scambi commerciali basati sulla vendita di armamenti a stati belligeranti, in spregio della propria costituzione.
Non pago di aiutare l’industria bellica a esportare i suoi prodotti, lo stato italiano foraggia ulteriormente le fabbriche di morte spostando finanziamenti dalle spese per il miglioramento della vita delle classi popolari, verso le spese militari. L’ultimo vergognoso esempio di questa pratica è l’utilizzo di 554 milioni di euro dal “fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese” per l’acquisto di due sommergibili. Uno schiaffo per quei territori che versano nel più assoluto abbandono dello stato, come per esempio quelli che in Sardegna sono stati funestati dalle alluvioni.
———
Noi, sarde e sardi, dichiariamo i nostri territori indisponibili al loro utilizzo per la teorizzazione e l’organizzazione delle guerre. Pretendiamo lo stop immediato delle esercitazioni che vedono partecipi anche Stati Uniti e Turchia e la dismissione di tutti i poligoni militari. Sia perché questi rendono possibile l’attacco a popolazioni civili in tutto il mondo, sia perché la loro presenza mette in pericolo la sicurezza delle sarde e dei sardi che vivono nel territorio.

PER LA SOLIDARIETA’ CON LE POPOLAZIONI AGGREDITE
PER LO STOP IMMEDIATO DELLE OPERAZIONI MILITARI DEI MEMBRI NATO
PER IL RITIRO DELLE TRUPPE ITALIANE DAGLI SCENARI DI GUERRA
PER LA RICONVERSIONE DELLA SPESA MILITARE IN SPESA SOCIALE

A FORAS IS BASIS DE SA SARDIGNA
NESSUNA BASE PER LE VOSTRE GUERRE

MANIFESTAZIONE SARDA
SABATO 25 GENNAIO ORE 15:30
CAGLIARI – PIAZZA TRENTO

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A Capo Frasca una giornata bellissima – Assemblea Generale di A Foras 27 Ottobre, Bauladu

 

Dopo la splendida giornata di sabato, proviamo a mettere in ordine i pensieri ed evidenziare alcuni spunti usciti dalla bella manifestazione di Capo Frasca.

Innanzitutto vorremmo ringraziare tutti e tutte coloro che si sono spese per l’organizzazione e la costruzione di questo corteo, dalle realtà organizzatrici che si sono fatte carico di far tornare tutti e tutte noi di fronte ad una base militare dopo due anni e mezzo in cui era mancata la presenza davanti ai poligoni, fino alle compagne ed i compagni che si sono alternate tra intensi compiti tra i bus, i banchetti, il palco e le situazioni più tese. Molto spesso ci dimentichiamo di loro e non pensiamo mai che se non fosse per chi si annulla tra compiti politici e logistici, probabilmente queste giornate non ci sarebbero.

Il lavoro congiunto di più di 40 organizzazioni, con altre decine di adesioni che si sono aggiunte col tempo, è un risultato notevole già di per sé. Abbiamo limato differenze, abbiamo prodotto una sintesi fra posizioni di partenza differenti ma accomunate dal medesimo obiettivo: liberare la Sardegna dalla presenza militare. Ognuno ha portato il contributo dato dalla propria storia ed esperienza, e il risultato è stato quello di includere tantissime persone in una giornata in cui ci siamo resi conto di essere forti e numerosi, uniti e disposti a lottare tutti assieme.

Prima del 12 ottobre erano due anni e mezzo che non si manifestava davanti a una base, ma in questo tempo non siamo stati fermi. Sono stati prodotti, dal gruppo economia di A Foras, due dossier sui poligoni di Teulada e Quirra che rappresentano una delle fonti più aggiornate sulla situazione di quei territori in merito all’occupazione militare. Abbiamo portato avanti momenti di formazione collettiva e di coinvolgimento dei territori, con i campeggi, le camminate, partecipazione a momenti di dibattito anche fuori dall’isola. Il bel risultato del 12 ottobre dipende anche da questo impegno costante, che ci ha permesso di costruire relazioni e fiducia con tante persone e movimenti.

Il primo dato da raccogliere è che ci sono migliaia di persone che sono disponibili a lottare e mobilitarsi contro l’occupazione militare seriamente, sembrerebbe un dato scontato ma se pensiamo al fatto che la mobilitazione è stata tirata su completamente dal basso e in qualche modo minata da silenzio o posizioni faziose della carta stampata, così come da politici e sindacati mainstream, è un risultato notevole. Soprattutto se pensiamo che poche settimane prima dell’appuntamento di Capo Frasca, la Procura di Cagliari ha messo in piedi un grave tentativo di intimidazione e repressione con l’Operazione Lince che ha colpito 45 militanti del movimento sardo contro le basi. Eppure il successo della manifestazione dimostra che nessuno si è lasciato spaventare, anzi abbiamo acquisito una maggiore determinazione.

Migliaia di persone che non hanno fatto mancare il loro apporto politico e artistico, difficilmente si è riusciti a portare in passato dei momenti qualitativamente intensi e così emozionanti sopra e sotto il palco. Difficilmente prima di sabato scorso, si è riusciti a collaborare così attivamente con le famiglie dei militari morti nei poligoni sardi, aggiungendo una casella fondamentale nel panorama del movimento contro l’occupazione militare della Sardegna.

Il secondo dato che va analizzato è che ci sono centinaia di persone che nonostante il palco e gli interventi musicali e politici, hanno presenziato con determinazione davanti agli scudi della celere per ore provando ad aggirare lo sbarramento per arrivare al poligono.

Da qui dobbiamo partire e capire come organizzarci nel prossimo futuro per far convivere tutte le parti fondamentali di questo movimento, far comprendere quanto sia importante la militanza di base perché la risposta all’occupazione militare sia efficace e legittimata dal consenso e l’attivismo popolare. A Foras ha dimostrato di essere un interlocutore serio negli ultimi anni per tutto il movimento, uno dei pochi forse che si è preoccupato di fare in modo che tutte le espressioni avessero spazio e rispetto negli eventi organizzati, uno dei pochi che è riuscito a contrastare la narrazione militarista su carta stampata e sui media, uno dei pochi purtroppo che da tre anni, pur con tanti problemi, ha mantenuto vivo con continuità lo studio, l’inclusione e la mobilitazione contro l’occupazione militare della Sardegna.

Non ci dobbiamo aspettare che tutti e tutte vogliano far parte di A Foras, ma abbiamo il compito di fare in modo che le proposte siano sempre attraversate e attraversabili, così come il corteo di Capo Frasca. Esistono “tanti modi e un unica lotta” come scrivono in tanti e siamo d’accordo, ma come metodo dobbiamo virare verso l’inclusione popolare senza il feticcio delle azioni, guardando a iniziative ragionate, utili a portare numeri, empatia, complicità. La legittimità popolare ha, come conseguenza diretta, la possibilità di allargare geograficamente, politicamente e praticamente la concretezza delle nostre azioni, renderle più efficaci, condivise e libere dai limiti che ci impone la controparte.

Sabato di nuovo abbiamo vissuto in un recinto, nonostante le autorità sapessero che migliaia di persone avrebbero raggiunto il presidio hanno preferito chiudere il ponte e non far fare il piccolo corteo concordato nelle strade bianche, di fatto congestionando il traffico e causando tensioni inutili.

A Foras ha provato con le sue proposte a tracciare un percorso che ci possa permettere di raggiungere questi obiettivi:

—> Proposta concreta per l’istituzione di un corso specialistico in bonifiche presso l’Università di Cagliari e l’Università di Sassari.

—> Campagna di pressione su l’assessorato alla sanità sardo e alle dirigenze delle ASL locali per l’istituzione di un registro tumori sardo e la redazione dei registri epidemiologici comunali.

—> Nella prossima primavera inizio di una serie di azioni simboliche per bonificare siti militari dismessi e lasciati a marcire sul territorio sardo.

—> Mozione nei comuni di Cagliari, Sant’Antioco, Bosa, Olbia e Porto Torres contro l’attracco delle navi militari e contro il passaggio nei flussi d’acqua di mezzi anfibi o imbarcazioni; divieto per esercitazioni urbane e l’utilizzo delle arterie centrali di paesi e città ai mezzi corazzati a tutela dei cittadini e della fluidità del traffico.

—> Campagna muraria “Un manifesto per paese” per raccontare ai 377 paesi della Sardegna qual’è la vera invasione in Sardegna, MILITARE!

—> Costruzione di momenti di azione diretta da praticare durante esercitazioni imponenti, cercando un coinvolgimento ampio ed esteso.

A Foras attualmente è attivo in diverse parti della Sardegna, dobbiamo fare in modo che sempre nuovi comitati in tanti paesi si organizzino e lottino per contrastare l’occupazione militare e la narrazione militarista in tutte le parti della società. Partendo da quelle centinaia di persone che hanno deciso di salire sui bus per raggiungere Capo Frasca e di partire e tornare tutti insieme, abbiamo molti elementi per far ripartire la nostra azione con forza e determinazione.

Ci vediamo il 27 ottobre a Bauladu per la prossima assemblea generale sarda contro l’occupazione militare.

A INNANTIS, CONTRO L’OCCUPAZIONE MILITARE RISPOSTA POPOLARE!

 

Sa die de sa Sardigna contra a s’ocupatzione militare

A foras – contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna – ha deciso durante l’ultima assemblea di Bauladu di tornare a manifestare ai poligoni dopo il grande corteo del 23 novembre a Capo Frasca.


Questa volta abbiamo scelto una data simbolo: il 28 di aprile.
Vogliamo dare a questa giornata un connotato diverso dalla semplice celebrazione attraverso rituali, testimonianze, folklore. Vogliamo fare sì che diventi un momento di protagonismo attivo, una giornata di lotta che sia davvero una giornata di liberazione.
Quale miglior modo di ricordare l’autodeterminazione di un popolo se non quello di decidere il proprio destino anche quando si parla di occupazione militare? Leggi tutto “Sa die de sa Sardigna contra a s’ocupatzione militare”

3 aprile 2017 STOP RWM

Il business della filiera bellica non si ferma mai, in poco più di un anno sono state vendute più di 8000 bombe per un fatturato gigantesco di cui i sardi che vi lavorano ne vedono solo le piccole briciole cadute dal piatto dei padroni. Nonostante questo, il ricatto del lavoro continua ad essere enorme e decine di sardi vi lavorano in contraddizione con quella che vorremmo fosse la natura della nostra terra, una terra di pace e accoglienza.
Il business non si ferma ma non ci fermiamo nemmeno noi, con negli occhi le migliaia di vittime Yemenite.

3 Aprile @ Domusnovas
ore 11.00 Piazzale della Fabbrica
STOP RWM